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Problema rifiuti Roma, la soluzione la conosciamo

Problema rifiuti Roma, la soluzione la conosciamo

I roghi degli ultimi giorni a Roma raccontano con spietato realismo la vergogna che abbiamo costruito pezzo dopo pezzo. La cosa sconvolgente è che mai come in questo caso conosciamo la soluzione del problema, semplicemente abbiamo preferito la miopia del perenne rinvio
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Problema rifiuti Roma, la soluzione la conosciamo

I roghi degli ultimi giorni a Roma raccontano con spietato realismo la vergogna che abbiamo costruito pezzo dopo pezzo. La cosa sconvolgente è che mai come in questo caso conosciamo la soluzione del problema, semplicemente abbiamo preferito la miopia del perenne rinvio
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I roghi degli ultimi giorni a Roma raccontano con spietato realismo la vergogna che abbiamo costruito pezzo dopo pezzo. La cosa sconvolgente è che mai come in questo caso conosciamo la soluzione del problema, semplicemente abbiamo preferito la miopia del perenne rinvio
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I roghi degli ultimi giorni a Roma raccontano con spietato realismo la vergogna che abbiamo costruito pezzo dopo pezzo. La cosa sconvolgente è che mai come in questo caso conosciamo la soluzione del problema, semplicemente abbiamo preferito la miopia del perenne rinvio
Pochi problemi, come quello perennemente irrisolto della monnezza a Roma, danno l’idea del tempo e delle occasioni perse dal nostro Paese sull’altare della peggiore propaganda e del populismo più sfrenato e inconsistente. I roghi nella capitale degli ultimi giorni raccontano con spietato realismo la vergogna che abbiamo costruito pezzo dopo pezzo. Pensare che incendi (molto probabilmente) dolosi come quelli dell’ultima settimana nascondano solo interessi di bassa criminalità significa volersi consolare con insopportabile faciloneria. Quello della spazzatura è sempre stato un colossale business per la delinquenza organizzata, un modo per far denaro e controllare il territorio – elemento per certi aspetti ancora più rilevante – secondo solo al grande traffico di stupefacenti. Non c’è quasi pezzo di Italia in cui la monnezza non abbia garantito guadagni a clan, cosche e organizzazioni varie: affari tanto puzzolenti quanto irresistibili su cui allungare le mani. Talvolta approfittando di vere e proprie collusioni, in tante occasioni cavalcando errori strategici clamorosi o anche banale e colpevole disinteresse. La cosa sconvolgente è che mai come in questo caso conosciamo la soluzione del problema, semplicemente abbiamo preferito la miopia del perenne rinvio. Tutto pur di non andare contro le mode del momento – anche le più sconclusionate e scientificamente ridicole – e avere il coraggio di dire la verità all’opinione pubblica. Come si può descrivere in modo diverso la sconfortante narrazione romana, in cui ancora oggi – Terzo millennio – stiamo a parlare pensosamente di discariche e si ha il coraggio (quello lo si trova sempre!) di descrivere i termovalorizzatori come un attentato all’ambiente e alla salute del cittadino? Si ha la supponenza di rifiutare la soluzione adottata nella stragrande maggioranza del mondo civile, sicuri di non rischiare la faccia. Ecco, questo è uno snodo cruciale: la nostra capitale soffoca sotto montagne di spazzatura, miasmi vergognosi e deve sopportare lo scempio di roghi mefitici appiccati per lanciare messaggi trasversali e non mollare la presa sulle zone del degrado, ma assistiamo ancora allo spettacolo di chi urla «No!» al termovalorizzatore perché sa di trovare facile consenso e voti nell’urna. Oggi il sindaco Gualtieri alza la voce e promette che non mollerà, cercando di intercettare l’esasperazione dell’opinione pubblica, ma solo ieri la grande maggioranza degli elettori romani era corsa festante a sostenere i paladini del No. Troppo comodo dare la colpa a questo o quello, noi cittadini abbiamo sempre una responsabilità. I pifferai magici non potrebbero imbastire alcuno spettacolo senza il cobra ammaestrato, pronto a farsi ipnotizzare. Non siamo tifosi entusiasti di commissariamenti e commissari, ma anche la recente vicenda dei vaccini induce a dover considerare forse soluzioni dolorosamente straordinarie. L’allucinante crisi della monnezza di Napoli, durata dieci anni e mai realmente risolta se non esportando spazzatura a peso d’oro, ci ricorda che Roma non è certo sola in questo scempio senza fine. Non avere, però, la forza e la capacità di risolvere il tema nella capitale getta discredito sull’intero Paese. La monnezza puzza ma almeno è democratica: il fetore raggiunge tutti e tutti ne siamo un po’ responsabili.   Di Fulvio Giuliani

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