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proteste studenti alternanza scuola lavoro

Il problema non è l’alternanza scuola-lavoro

Fanno bene gli studenti a chiedere maggiori garanzie e sicurezza, ma il problema non è l’alternanza scuola-lavoro.
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Il problema non è l’alternanza scuola-lavoro

Fanno bene gli studenti a chiedere maggiori garanzie e sicurezza, ma il problema non è l’alternanza scuola-lavoro.
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Il problema non è l’alternanza scuola-lavoro

Fanno bene gli studenti a chiedere maggiori garanzie e sicurezza, ma il problema non è l’alternanza scuola-lavoro.
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Fanno bene gli studenti a chiedere maggiori garanzie e sicurezza, ma il problema non è l’alternanza scuola-lavoro.
Oltre 200mila studenti sono scesi di nuovo in piazza in più di 40 città per protestare contro l’alternanza scuola-lavoro dopo che, nel giro di 3 settimane, due ragazzi hanno perso la vita durante uno stage. Non sono mancati i tafferugli, quando a Torino un gruppo di ragazzi ha cercato di entrare nella sede dell’Unione industriale riuscendo ad aprire il cancello. Il bilancio è di 7 agenti feriti. Un pugno di facinorosi in una platea ben più vasta che chiede maggiori garanzie. 

CHE COS’È L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

Il programma, che oggi ha il nome tecnico di “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” (PCTO), è obbligatorio per gli studenti delle scuole superiori che abbiano compiuto almeno 15 anni. Ciascun studente deve svolgere un minimo di ore di alternanza scuola-lavoro: 90 nei licei; 150 negli istituti tecnici; 180 negli istituti professionali. Il monte ore è triennale e riguarda quindi l’intero percorso. Durante questa esperienza lavorativa i ragazzi devono realizzare un progetto pratico che diventa oggetto di valutazione in sede di esame di maturità. Da una parte i ragazzi devono dare il loro contributo all’azienda presso cui svolgono lo stage, dall’altra devono ricevere formazione. Una prassi che all’estero è la normalità già da diversi decenni. Per questo un’iniziativa del genere non può che essere una benedizione per il sistema scolastico italiano, spesso troppo lontano dal famigerato ‘mondo del lavoro’ con conseguenze drammatiche sull’occupazione giovanile.

I PROBLEMI DELL’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

Ma allora quali sono gli ingranaggi inceppati di questo meccanismo? I soliti, ancestrali, problemi di un modus operandi all’italiana. Capita spesso che, anziché essere accolti come stagisti/apprendisti, i ragazzi siano impiegati come lavoratori veri e propri (senza però essere retribuiti);  in più, la loro formazione non viene perseguita come priorità ma data per scontata come risultato del processo lavorativo. Basta fare un giro tra i diretti interessati per capire come nessuno si faccia realmente carico della loro crescita e come spesso l’intero percorso venga seguito approssimativamente sia dall’azienda che dalla scuola. È questo il grande ostacolo alla formazione: lasciare le cose a metà. D’altronde, non vorremmo davvero credere che 90, 150 o 180 ore nel giro di 3 anni siano sufficienti a preparare i giovani al mondo del lavoro! Sono giusto sufficienti per realizzare un progetto utile all’azienda, quasi inutile agli studenti che non hanno tempo per imparare e praticare cose del tutto nuove, né per entrare nel clima dell’ambiente lavorativo. Poi veniamo al punto più scottante, sul quale non è possibile transigere: la sicurezza sul posto del lavoro. Un problema trasversale che riguarda i giovani come i meno giovani. È d’altro canto innegabile che il fulcro del problema non risieda nel PCTO. Lo scorso anno sono state denunciate all’Inail 1221 morti sul lavoro, ed è verosimile che ce ne siano altre non riportate nei dati ufficiali. Numeri insopportabili che ci vietano di trovare soluzioni parziali e ci impongono di trattare il tema con onestà. L’inserimento graduale che dovrebbe contraddistinguere l’alternanza scuola-lavoro dovrebbe servire a preparare i giovani anche su questioni meramente legate alla sicurezza. La pratica, l’allenamento, l’esperienza sono tutti fattori che si conquistano giorno dopo giorno, ora dopo ora e che possono fare la differenza tra la vita e la morte in certe professioni. Ma iniziative di questa portata non possono essere lanciate e poi lasciate a metà, c’è bisogno di coraggio nelle scelte. “Serve una visione di insieme”, gridano oggi i ragazzi. Ed è dannatamente vero. di Giovanni Palmisano

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