Ci sono un paio di non detti nel dibattito occidentale e italiano attorno alla guerra, silenzi troppo spesso retorici che generano ovvietà e che finiscono quasi sempre per rifugiarsi nel corner d’una frase fatta: «Serve la pace». Un vasto programma, se non si spiega come raggiungerla.
Ieri il quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung” ha spazzato via uno di questi non detti riguardo a una questione di fondo: fino a che punto l’Occidente deve armare gli ucraini? Se si vuole veramente aiutare Kiev a fermare le truppe del massacro di Putin e cacciarle dall’Ucraina, per la Faz «si devono fornire loro le armi necessarie a passare all’offensiva». L’Ucraina deve insomma ottenere dagli Stati occidentali carri armati e altre armi pesanti per respingere l’invasione russa. Questa posizione ha il pregio di costringere il dibattito pubblico a ragionare oltre le retoriche. Per trattare una pace la storia insegna che o una delle due parti ha vinto la guerra oppure che si cessa il fuoco per scelta reciproca e stallo militare. L’unica via, quindi, che non porterebbe mai a una pace (se non come resa) sarebbe quella di smettere di dare armi all’Ucraina, ipotesi che per fortuna i governi occidentali non stanno prendendo in considerazione.
Il secondo non detto, indubbiamente legato al primo, parte invece da una constatazione: nel caso si arrivasse a un tavolo di pace, l’Ucraina dovrebbe trattare con Vladimir Putin. E qui il tema dello zar messo sotto processo da un tribunale internazionale per crimini di guerra, introdotto da leader di vari Paesi occidentali, appare contraddittorio con il trattare con Putin. Ergo, il secondo non detto: la guerra deve puntare alla caduta di Putin in Russia e alla sua detronizzazione? Anche senza affermarlo esplicitamente, con le parole dure rivolte al presidente russo (epiteto di «macellaio» compreso) il presidente americano Joe Biden ha fatto capire che per gli Usa questa sarebbe la migliore opzione. La pensa così pure la Gran Bretagna di Boris Johnson. Anche l’Unione europea ha manifestato tutto il proprio orrore verso i crimini di guerra, sottolineando che non potranno restare impuniti. Piccolo dettaglio: per processare Putin occorrerebbe una vittoria ucraina nella guerra, con i russi cacciati via dai confini del Paese di Zelensky. Altrimenti, senza una sconfitta russa, appare assai difficile prevedere una caduta di Putin e ancor più difficile il fatto che Mosca accetti di farlo processare da un tribunale internazionale.
Di questi due non detti, visto il perdurare della guerra e della barbarie, è il caso che l’Occidente cominci a discutere seriamente perché parlare (anche) dell’indicibile è uno dei grandi pregi delle democrazie.
di Massimiliano Lenzi
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