Quando si faceva clic-clac
Vita virtuosa e criminale di due palle giocattolo, le famose clic-clac: bandite in Italia dagli anni Settanta, nel 2017 ebbero un grande successo in Egitto col nome “le palle di Sisi”, una piccola presa in giro dell’allora presidente Al Sisi.
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Quando si faceva clic-clac
Vita virtuosa e criminale di due palle giocattolo, le famose clic-clac: bandite in Italia dagli anni Settanta, nel 2017 ebbero un grande successo in Egitto col nome “le palle di Sisi”, una piccola presa in giro dell’allora presidente Al Sisi.
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Quando si faceva clic-clac
Vita virtuosa e criminale di due palle giocattolo, le famose clic-clac: bandite in Italia dagli anni Settanta, nel 2017 ebbero un grande successo in Egitto col nome “le palle di Sisi”, una piccola presa in giro dell’allora presidente Al Sisi.
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Vita virtuosa e criminale di due palle giocattolo, le famose clic-clac: bandite in Italia dagli anni Settanta, nel 2017 ebbero un grande successo in Egitto col nome “le palle di Sisi”, una piccola presa in giro dell’allora presidente Al Sisi.
Due palline tenute insieme da sottili cordicelle di nylon convergenti su un lembo di plastica. Colpo di polso e reiterato impatto delle biglie con movimento semi-rotatorio. Divertimento assicurato. Si chiamavano clic-clac, per l’inequivocabile suono che producevano. Erano palle-giocattolo. Leggenda vuole che a ispirarne la creazione furono l’andamento circolare e monotono delle corone dei rosari cristiani e il suono mantrico dei komboloi greco-ortodossi. Altri ritengono che le muse furono le boleadoras argentine. In verità, tutto ebbe inizio in una clinica psichiatrica. Oggetti identici alle palline clic-clac furono, infatti, utilizzati per anni in alcune strutture sanitarie norvegesi nei processi riabilitativi per malati psichiatrici. La loro oscillazione continua e il suono legnoso scandito come un ossessivo ticchettio pare potenziassero la capacità di focalizzazione e il coordinamento dei movimenti degli arti superiori, oltre a produrre una salutare sedazione.
A lanciarle nel mercato mondiale furono gli americani nel 1967. In Italia approdarono nel giugno 1971, dando origine a un clamoroso caso industriale. L’azienda di Clemente Martinelli, che ne acquisì i diritti, con i suoi 70 dipendenti vendette 1.500 esemplari il primo giorno di produzione e ben 4 milioni nei successivi tre mesi. Per stare al passo, la ditta produttrice della cordicella di nylon reggi-biglie dovette precettare i lavoratori sospendendone le ferie. Qualche genio propose un modello di clic-clac più chic, con palline di vetro: venne tolto subito dal mercato per gli innumerevoli danni provocati dalle inevitabili schegge.
L’utilizzo delle palline clic-clac si allargò a macchia d’olio. Le caldi estati dei primissimi anni Settanta furono caratterizzate dalla loro ingombrante presenza: ogni angolo, piazza, vicolo, balcone risuonava dello stesso ticchettio ossessivo e accoglieva l’atteggiamento imbambolato e felice di chi vi giocava. Genitori, maestri elementari, suore e prelati partirono all’attacco ammonendo gli imberbi pueri del fatto che quel gioco demoniaco finisse per spezzare i polsi. E forse c’era del vero. Un servizio mandato in onda dalla “Bbc” raccontò di danni (in prevalenza, semplici ecchimosi) al 94% degli utilizzatori. “La Stampa”, “Corriere della Sera” ma anche “The New York Times” e buona parte dei quotidiani europei cominciarono a raccontare dei deleteri e criminali effetti sociali di quel non innocente gioco che «dall’alba fino al crepuscolo riempie piazze, bar, case, scuole con quel fastidioso e ossessivo suono» (i telefonini, c’è da dire, non erano ancora in commercio). L’anticapitalista “Paese Sera” si domandò se le clic-clac fossero «uno dei peggiori prodotti della società del benessere» e vennero narrati con maestria episodi pulp di raggelante tragicità con ragazzine finite paralizzate, polsi spezzati, occhi lesionati. Infine l’episodio di Amburgo, dove secondo un giornalista un bambino era morto colpendosi alla tempia con una delle palline. In Germania il giocattolo venne bandito da asili e scuole. A causa del suono troppo invasivo, subito dopo la magistratura italiana ipotizzò per le clic-clac una fattispecie di reato inquadrabile come “disturbo della quiete pubblica”. Partirono le prime denunce. Erano gli anni Settanta.
Il fenomeno si autofagocitò. Probabilmente le pressioni familiari, le indicazioni pedagogiche e il fatto che quel gioco producesse introversione (o stato di trance) in chi lo utilizzava condussero alla progressiva sparizione del giocattolo. Qualche fugace riapparizione a inizio anni Ottanta ma solo come amarcord. Piccolo risvolto politico: le clic-clac ebbero successo in Egitto nel 2017 ma con un altro nome: “Le palle di Sisi”, piccola presa in giro per l’allora presidente Al Sisi. Certi giochi servono anche a questo.
di McGraffio
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