Quello che non si condanna
Siamo fortunati a vivere in un mondo in cui è considerato indiscutibile poter manifestare. Nelle manifestazioni pro Palestina però non tutto viene fermamente condannato
| Società
Quello che non si condanna
Siamo fortunati a vivere in un mondo in cui è considerato indiscutibile poter manifestare. Nelle manifestazioni pro Palestina però non tutto viene fermamente condannato
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Quello che non si condanna
Siamo fortunati a vivere in un mondo in cui è considerato indiscutibile poter manifestare. Nelle manifestazioni pro Palestina però non tutto viene fermamente condannato
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Siamo fortunati a vivere in un mondo in cui è considerato indiscutibile poter manifestare. Nelle manifestazioni pro Palestina però non tutto viene fermamente condannato
Ci riteniamo fortunati – molto fortunati – a vivere in un mondo in cui è considerato indiscutibile poter manifestare per qualsiasi idea o movimento, nell’ambito della legge. Scendere in piazza per solidarizzare con i popoli oppressi, dimenticati, impossibilitati a difendere le proprie ragioni. Noi siamo la terra della libertà e dei diritti e ne siamo fieri.
Da secoli lottiamo e siamo pronti a sacrificarci perché si possano sostenere pubblicamente anche le idee diametralmente opposte alle nostre.
Nelle manifestazioni in favore del popolo palestinese, tolleriamo le minoranze che si spingono a esprimere una qualche forma di solidarietà per i terroristi di Hamas. Proviamo sconcerto, talvolta orrore per alcuni slogan che si sono sentiti anche nelle strade e nelle piazze del nostro Paese. Striscioni ributtanti come quello in foto, invocazioni che nulla hanno a che vedere con la libertà dei popoli oppressi e che sono arrivate a inneggiare all’ideologia di morte di Hamas nei confronti dello Stato ebraico e in modo ancor più specifico degli ebrei.
Osserviamo sconvolti – e non usiamo con leggerezza questa parola – la degenerazione di chi non sembra essere in grado di imparare nulla dalla Storia, delle sue pagine più orrende e ripugnanti.
Eppure, non vorremmo mai che in Italia si arrivasse a vietare una manifestazione politica – come accaduto in Francia – per paura di dar spazio a questi estremisti. Vorremmo, però, da parte di chi legittimamente sottolinea il diritto dei palestinesi a vivere in pace e prosperità la più ferma e dura presa di distanza da qualsiasi accenno di sostegno ai tagliagola del 7 ottobre. Terroristi della peggior specie che hanno l’unico scopo di rendere impossibile ogni ipotesi di pace fra Israele e il mondo arabo.
Vorremmo che le anime candide pronte a strapparsi le vesti per il dolore indicibile dei civili della Striscia di Gaza (a cui ci associamo come ogni essere umano in grado di manifestare empatia per il prossimo) provassero lo stesso sentimento per le famiglie israeliane sottoposte agli atti più turpi che si possano immaginare. Vorremmo vedere in quei cortei, invece che lo schiumare rabbia contro Israele, gli americani, noi stessi italiani in quanto occidentali, un barlume di coscienza per i valori che continuiamo a incarnare nel mondo.
Il 7 ottobre è stato portato un attacco al nostro mondo, così come il 24 febbraio del 2022 in Ucraina – lo scriviamo da quasi due anni e non abbiamo certo bisogno di alcun suggerimento – ma in quelle piazze in cui si inneggia alla morte di Israele e degli americani non si è mai levata una voce in difesa dei civili israeliani, francesi o svedesi inseguiti casa per casa per l’unica colpa di essere nati e cresciuti in sistemi democratici.
Perfettibili quanto ci vuole e responsabili di tanti errori, ma liberi. Liberi anche di interrogarsi sulle proprie mancanze. Liberi di invocare rispetto in casa e fuori.
di Fulvio Giuliani
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