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Questione di genere

In giorni di dibattito sul Ddl Zan, torna in mente un episodio di Emma e suo figlio Pietro a scuola. La coordinatrice scolastica ha inviato un’e-mail declinata al femminile per sensibilizzare educativamente alle differenze di genere.
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Questione di genere

In giorni di dibattito sul Ddl Zan, torna in mente un episodio di Emma e suo figlio Pietro a scuola. La coordinatrice scolastica ha inviato un’e-mail declinata al femminile per sensibilizzare educativamente alle differenze di genere.
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Questione di genere

In giorni di dibattito sul Ddl Zan, torna in mente un episodio di Emma e suo figlio Pietro a scuola. La coordinatrice scolastica ha inviato un’e-mail declinata al femminile per sensibilizzare educativamente alle differenze di genere.
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In giorni di dibattito sul Ddl Zan, torna in mente un episodio di Emma e suo figlio Pietro a scuola. La coordinatrice scolastica ha inviato un’e-mail declinata al femminile per sensibilizzare educativamente alle differenze di genere.
In questi giorni di torrido dibattito sul ddl Zan mi è tornato in mente questo illuminante episodio capitato a una mia conoscente.«Domani le vostre bambine andranno in gita al Teatro Grande». Emma è concentrata sui numeri del bilancio che sta revisionando e legge distrattamente la mail della scuola elementare dove suo figlio Pietro frequenta la seconda elementare. Il giorno successivo un’altra mail cattura la sua attenzione: «Si prega di segnalare se vostra figlia ha intolleranze alimentari». E poi un’altra ancora: «Domani le vostre figlie usciranno un’ora prima». Emma a questo punto distoglie occhi e impegno da quella tabella di numeri e telefona a scuola. «Buongiorno, sto ricevendo delle stranecomunicazioni. Segnalo che ho un figlio maschio, temo di essere finita in una mailing list sbagliata, probabilmente di qualche classe tutta femminile». La risposta però spiazza completamente Emma. La coordinatrice scolastica spiega infatti che non c’è nessun errore: è una precisa scelta quella di declinare tutto solo al femminile, per sensibilizzare educativamente alle differenze di genere. Emma non capisce: davvero si educa così? Sovvertendo le regole base di grammatica le bambine si sentiranno più rispettate? Non sarebbe più efficace insegnare, spiegare, far comprendere agli alunni che femmine e maschi hanno stessi diritti e doveri, che le diversità che li caratterizzano sono fonte di arricchimento e non di discriminazione? Davvero facendo scempio della grammatica e provando – per una sorta di inconscia vendetta forse non solo lessicale – a togliere identità al genere maschile, si pensa di risolvere un problema profondo e così importante come quello delle differenze di genere? Emma ha provato a ribattere ma la foga e il giudizio della coordinatrice l’hanno fatta ben presto desistere. Non crede negli estremismi ed è tornata ai suoi amati numeri. Almeno loro non hanno problemi di genere.   di Lady Jane

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