Rider, non ci sono solo ombre
Rider, non ci sono solo ombre
Rider, non ci sono solo ombre
Quasi sempre in bici, nel migliore dei casi elettrica, si tratta di almeno 570mila persone di cui 350mila svolgono questo tipo di lavoro in modo assiduo. Sicuramente una opportunità anche per coloro che cercano un lavoro temporaneo. Il mestiere non è però privo di rischi. Come dimostra quanto avvenuto a Milano, dove uno di loro è stato travolto da una minicar su una pista ciclabile. L’atto sembra sia stato volontario, anche perché la vettura lì non ci doveva stare. C’è da dire che sarebbe potuto accadere a un qualunque ciclista, al di là del suo lavoro. È innegabile però che la condotta su strada di molti di questi fattorini li esponga a un certo tasso di maggiore rischio. Cercano di essere più veloci possibile, perché la rapidità delle consegne è uno degli elementi fondamentali del servizio. E lo fanno a volte a scapito del rispetto di certe norme che garantirebbero in primo luogo la loro, di incolumità.
Esiste poi un secondo ordine di problema che riguarda coloro che – come succede per molti altri lavori – anche qui hanno trovato il modo per cercare di guadagnare di più sfruttando il lavoro altrui. Un sottobosco che riguarda richiedenti asilo, persone senza permesso di soggiorno, insomma disperati disposti a tutto pur di mettersi in tasca qualche euro. I rider “regolari” fanno utilizzare a loro il proprio account e si tengono per sé parte del profitto. Insomma, fanno la cresta su consegne effettuate da qualcun altro ma a loro nome. C’è anche chi fornisce a questi fattorini “fantasma” i mezzi per spostarsi. In certi casi si tratta di biciclette che vengono modificate per poter andare più veloci. Peccato che non siano legali. In alcuni casi di sequestri effettuati quelle bici andavano solo a motore e superavano i 25 chilometri orari: mezzi che avrebbero dovuto essere assimilati a motocicli e quindi da utilizzare con casco e patente.
Insomma, chi cerca di approfittarsene c’è ma di contro per fortuna ci sono anche aziende che – in assenza ancora di un contratto collettivo di lavoro – assumono e con stipendi comunque dignitosi. È il caso di Just Eat che ha avviato un percorso di stabilizzazione per 4mila rider, da inquadrare con il contratto della logistica. Mentre a Milano il Tribunale del Lavoro ha condannato Glovo a reintegrare un fattorino che era stato lasciato a casa. Riconoscendogli tutti i titoli del lavoro subordinato, visto che erano stati dimostrati la continuità della mansione svolta e l’inquadramento con il contratto collettivo del commercio, migliore in termini economici di quello della logistica. Certo, una sentenza non fa primavera ma comunque per forza di cose la direzione è quella di andare a normare un ruolo di cui si raccontano quasi sempre solo i lati negativi ma che invece rappresenta anche una opportunità. Soprattutto perché è facile immaginare che la tendenza futura sarà quella di un ulteriore incremento di questi servizi.
Di Annalisa Grandi
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche