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Rompiballe

Sono un rompiballe. E noi che immaginavamo i rompiballe fossero innanzitutto quelli disinteressati ai destini del prossimo.
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Sono un rompiballe. E noi che immaginavamo i rompiballe fossero innanzitutto quelli disinteressati ai destini del prossimo.
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Sono un rompiballe. E noi che immaginavamo i rompiballe fossero innanzitutto quelli disinteressati ai destini del prossimo.
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Sono un rompiballe. E noi che immaginavamo i rompiballe fossero innanzitutto quelli disinteressati ai destini del prossimo.
Sono un rompiballe. Certo, è singolare arrivare a questa scoperta a causa della ‘dirompente’ scelta di pagare un caffè, il giornale, il parcheggio, la piccola o piccolissima spesa con il bancomat o – scandalo al sole – persino la carta di credito. E noi che immaginavamo i rompiballe fossero innanzitutto quelli disinteressati ai destini del prossimo, magari all’interesse e al bene comune (se proprio volessimo fare ragionamenti alti). Invece, scopriamo quanto sia più che sufficiente usare… il bancomat. Per uno, due, cinque euro, beninteso. Mi chiedo – in questa fredda mattinata d’inverno – da quale soglia scatti la fine del rompiballismo. Da quale cifra in avanti possa star tranquillo: venti, trenta euro o conviene andare direttamente a sessanta, la somma indicata dal governo come limite sotto la quale si può non accettare il bancomat o la carta di credito senza incorrere in sanzioni? Sotto sotto, mi resta quel fastidioso dubbio: che per taluni il re dei rompiballe sia chiunque ti costringa a tracciare dei pagamenti. Piccoli o grandi che siano. Cittadino o Stato che sia. E voi, di che rompipallismo siete?! Di Fulvio Giuliani 

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