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Se la denuncia viene ascoltata solo se virale sui social

Si fingeva un ginecologo e chiedeva alle “pazienti” video delle parti intime. Grazie a una ragazza che ha denunciato sui social si è scoperto un numero impressionante di vittime. Un’inchiesta partita troppo tardi rispetto alle prime segnalazioni.

Se la denuncia viene ascoltata solo se virale sui social

Si fingeva un ginecologo e chiedeva alle “pazienti” video delle parti intime. Grazie a una ragazza che ha denunciato sui social si è scoperto un numero impressionante di vittime. Un’inchiesta partita troppo tardi rispetto alle prime segnalazioni.

Se la denuncia viene ascoltata solo se virale sui social

Si fingeva un ginecologo e chiedeva alle “pazienti” video delle parti intime. Grazie a una ragazza che ha denunciato sui social si è scoperto un numero impressionante di vittime. Un’inchiesta partita troppo tardi rispetto alle prime segnalazioni.
Si fingeva un ginecologo e chiedeva alle “pazienti” video delle parti intime. Grazie a una ragazza che ha denunciato sui social si è scoperto un numero impressionante di vittime. Un’inchiesta partita troppo tardi rispetto alle prime segnalazioni.
  Cosa fareste se vi chiamasse l’ospedale? Probabilmente rispondereste. E se la persona che vi contatta vi desse i risultati delle vostre ultime analisi fatte, lo ascoltereste? Anche in questo caso ci sono pochi dubbi. Normale amministrazione e comunicazioni sul vostro stato di salute da parte di un sedicente medico.  Immaginate che però, a un certo punto, dall’altro lato della cornetta vi venga richiesta una visita sul momento; una chiamata video per controllare quella lesione che il pap-test riporta o per potersi assicurare che tutto sia ok.  In un contesto così importante e delicato come quello della salute, irrompe da qualche tempo un uomo con le sue violenze. L’indicazione “da qualche tempo” è volutamente generica, perché purtroppo è difficile risalire al momento esatto in cui queste molestie siano iniziate. Si tratta di qualche anno, sicuramente, ma è inutile cercare di ricostruire la vicenda a prima di un anno fa, perché le accuse di violenza sessuale non sarebbero ritenute valide dal momento che il termine per presentare querela è di dodici mesi (art. 609-septies c.p).  Partiamo quindi da questo ultimo anno.  Una ragazza svolge alcuni esami ginecologi in un piccolo comune pugliese. Dopo qualche giorno riceve una chiamata da un certo Dottore. La voce è quella profonda di un uomo, che sa tutti i suoi dati, le ripete il numero di tessera sanitaria, le ricorda il giorno in cui sono avvenuti gli esami. Poi le chiede una visita su Zoom. “In che senso, scusi?”. “Dovrei controllare che tutto sia a posto” insiste il presunto medico. “Dovrebbe spogliarsi e mostrarmi la zona interessata per analizzare al meglio la sua infiammazione”.  La ragazza denuncia sui social l’accaduto. Basta qualche giorno: il numero di vittime comincia a salire ora dopo ora. 4, 15, 20, 50… Dopo la denuncia social, avvenuta il primo novembre, ad oggi tutte le segnalazioni raccolte superano le 250. Come un’onda inarrestabile, in meno di una settimana, centinaia di donne hanno ricondotto strane chiamate a una violenza sistematica allarmante, con le stesse procedure e richieste. Tutto questo va avanti da anni, a quanto riportano le varie testimonianze, e in tutta Italia. Non solo in Puglia ma anche Sicilia, Lazio, Lombardia, Calabria.  La ragazza che per prima ha fatto emergere il caso, Denise, nome di fantasia, le sta raccogliendo con cura, si sta muovendo da un punto di vista legale con avvocati ed esperti e ha avuto tantissima risonanza grazie alle numerose ricondivisioni avvenute sui social.  Tra le testimonianze raccolte, emergono dettagli terrificanti per il tipo di richieste come domande esplicite sull’attività sessuale delle ragazze,  e per i dettagli di cui l’uomo è a conoscenza. Non solo dati personali ma anche risultati dello stato di salute, informazioni che solo qualcuno con accesso alle cartelle cliniche potrebbe sapere.  Il finto ginecologo contatta donne che hanno svolto anche semplici analisi del sangue; una testimone, addirittura, parla di chiamate dopo aver svolto delle cure oncologiche. Tra le vittime si contano anche minorenni, che spesso sono state minacciate di divulgazione ai genitori in caso si fossero rifiutate di fornire dettagli sulle loro attività sessuali.  Per lungo tempo, le segnalazioni sono state casi isolati che la polizia non ha ascoltato. “Finché non ricevi minacce di morte, denunciare è una perdita di tempo” è stato detto a una ragazza in questura, o molte altre sono state mandate a casa perché “finchè sei solo tu non possiamo fare niente”. Ora, grazie all’enorme diffusione avvenuta sui social, è partita un’inchiesta. Secondo le indagini della Polizia Postale e della Procura di Lecce, l’uomo potrebbe aver hackerato i database di numerosi ospedali e laboratori di analisi.  Questo caso è pericoloso e terrificante, ma a peggiorare la situazione è la mancanza di difesa di fronte a queste situazioni e non venire prese in considerazioni e difese dallo Stato. Ora che il caso è diventato virale si è aperta anche un’indagine, ma ogni donna va ascoltata alla prima denuncia. Chiunque si rivolga allo Stato ha il diritto di essere protetto.  E se le leggi impediscono un’azione rapida ed efficace in aiuto dei loro cittadini, allora che senso hanno? Vanno riviste, per come sono.  È ora di pensare alle violenze che ogni giorno le donne subiscono, alla tranquillità che viene loro negata, a cosa sono costrette a rinunciare, in questo caso alla loro stessa salute fisica. È ora di pensarci seriamente, e farne una priorità politica.    Se hai subito molestie di questo tipo, chiama il centro anti violenza al 1522 e cerca supporto. Seguendo la campagna #nonseisola, potrai trovare supporto e ulteriori informazioni su tutti i social.      di Sara Tonini  

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