Sex work fra legalità e ipocrisia
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In Italia più di 100mila persone esercitano la prostituzione, con un fatturato che si aggirerebbe sui 3,6 miliardi di euro l’anno. La proposta dei Radicali Italiani

Sex work fra legalità e ipocrisia
In Italia più di 100mila persone esercitano la prostituzione, con un fatturato che si aggirerebbe sui 3,6 miliardi di euro l’anno. La proposta dei Radicali Italiani
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Sex work fra legalità e ipocrisia
In Italia più di 100mila persone esercitano la prostituzione, con un fatturato che si aggirerebbe sui 3,6 miliardi di euro l’anno. La proposta dei Radicali Italiani
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AUTORE: Francesco Rosati
Non era ancora caduto il Muro di Berlino, si affacciavano flebilmente i ruggenti anni della “Milano da bere”, il trentanovesimo esecutivo della Repubblica italiana era guidato da Giovanni Spadolini e mancava ormai poco all’orgia nazionale per la vittoria al Mundial spagnolo. Era il 1982 e in Italia nasceva il comitato per i diritti civili delle prostitute. Il primo documento s’intitolava “Le prostitute rivendicano il diritto all’esistenza” e chiedeva semplicemente la depenalizzazione dei reati che rendevano loro la vita impossibile.
Nel nostro Paese resiste granitica la legge n. 75 del 1958, nota come Legge Merlin. Il suo obiettivo non era poi neanche così sbagliato perché non intendeva colpire lo scambio di sesso ma lo sfruttamento della prostituzione. Da allora sono trascorsi 65 anni ma, invece dei loro sfruttatori, sono rimaste ingabbiate nei lacci normativi le stesse prostitute, vessate da sanzioni amministrative per presunti atti allusivi, oscenità e abbigliamento indecoroso. Si stima che siano più di 100mila le persone che esercitano in Italia la prostituzione, per un mercato di circa 3 milioni di clienti e un fatturato che si aggirerebbe sui 3,6 miliardi di euro l’anno. A vendere servizi sessuali sono principalmente donne, ma anche trans (attorno al 15%) e uomini (forse il 5%). I clienti sono invece principalmente uomini di ogni età, professione, opinione politica, livello di istruzione e reddito.
Quello della prostituzione resta un mondo inquinato da stereotipi, costretto alla marginalità sociale, senza alcun riconoscimento e tutela legale. I modelli normativi che lo riguardano sono di volta in volta abolizionisti, proibizionisti oppure la variante nordica (applicata in Svezia, Islanda, Irlanda e Norvegia) che depenalizza l’offerta di prestazioni sessuali a pagamento ma sanziona i clienti. Dopo sessantacinque anni provano a cambiare le cose i Radicali Italiani, che hanno presentato una proposta di legge popolare per una piena decriminalizzazione della prostituzione, così rimuovendo le sanzioni e gli ostacoli normativi che si abbattono su un’intera categoria di persone.
Da ormai molti anni il dibattito è fermo sulla differenziazione fra il modello abolizionista che criminalizza i clienti e quello regolamentista olandese, che attua un controllo assoluto su chi svolge questa professione. La proposta dei Radicali Italiani sul sex work percorre una terza via: mantiene la criminalizzazione dello sfruttamento e la tratta di esseri umani a fine di prostituzione ma chiede di rimuovere le sanzioni e i divieti che ancora si applicano sui lavori sessuali, come ad esempio il favoreggiamento. Non sono pochi i casi di tassisti condannati per aver accompagnato le prostitute sul luogo di lavoro oppure di prostitute che, condividendo un appartamento per abbattere i costi, sono state condannate per favoreggiamento reciproco. Questa proposta – che può essere sottoscritta sia online che ai banchetti per strada – chiede di riconoscere il lavoro sessuale come autonoma e legittima professione, con il diritto di aprire una partita Iva per le proprie prestazioni, pagare le tasse, avere quindi accesso al riconoscimento della malattia professionale e alle conseguenti prestazioni sanitarie.
Di Francesco Rosati
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