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“Sindrome Italia”: ammalarsi aiutando i fragili

Ogni anno sono più di 200 le badanti ricoverate perché affette dalla “Sindrome Italia” e non è un caso che il disturbo rimandi al nostro Paese

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“Sindrome Italia”: ammalarsi aiutando i fragili

Ogni anno sono più di 200 le badanti ricoverate perché affette dalla “Sindrome Italia” e non è un caso che il disturbo rimandi al nostro Paese

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“Sindrome Italia”: ammalarsi aiutando i fragili

Ogni anno sono più di 200 le badanti ricoverate perché affette dalla “Sindrome Italia” e non è un caso che il disturbo rimandi al nostro Paese

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Ogni anno sono più di 200 le badanti ricoverate perché affette dalla “Sindrome Italia” e non è un caso che il disturbo rimandi al nostro Paese

All’Istituto psichiatrico Socola di Iasi – nella Romania orientale – sono più di duecento le donne che vengono ricoverate ogni anno perché affette da quella che viene definita ‘Sindrome Italia’. I sintomi? Depressione, schizofrenia, ansia, allucinazioni e nei casi più gravi anche tendenze autolesioniste o suicide. E non è un caso che il nome del disturbo rimandi al nostro Paese. Parliamo di «un fenomeno medico-sociale» – come ha spiegato Petronela Nechita, primaria psichiatra della clinica Socola – diagnosticato per la prima volta nel 2005 da due psichiatri di Kiev che avevano osservato gli stessi sintomi in molte donne ucraine, rumene, moldave, filippine e sudamericane. Erano tutte accomunate dalla necessità di migrare all’estero e lavorare come badanti per consentire una vita migliore ai propri familiari rimasti nel Paese d’origine. Un paradosso: lasciare la propria famiglia per curarne un’altra. Al loro rientro, dopo anni di lavoro, la distanza geografica si trasforma in una distanza del cuore, per cui i propri cari si trasformano in estranei e le migranti non trovano più un ruolo all’interno del proprio nucleo familiare.

In Italia sono circa un milione le badanti che arrivano dalla Romania: soltanto la Siria esporta più migranti in Europa. Da noi, grazie all’immigrazione, la cura degli anziani (autosufficienti e non) è sostenuta dalle braccia e dall’affetto di persone – in maggioranza donne – provenienti soprattutto dall’Est Europa, le cosiddette ‘assistenti familiari’. Una figura professionale che a partire dagli anni Duemila caratterizza fortemente il nostro Paese, con un risparmio in assistenza per le casse dello Stato che si aggira intorno agli 8,8 miliardi di euro. Stando alle stime del quinto Rapporto annuale sul lavoro domestico realizzato nel 2023 dall’Osservatorio Domina (l’Associazione nazionale delle famiglie dei datori di lavoro domestico), sono 1,85 milioni i lavoratori di questo tipo in Italia, a fronte di 2 milioni di datori di lavoro (in genere famiglie).

Del tutto prevedibile dunque che il decreto flussi (che consente l’ingresso di 9.500 immigrati non comunitari per il periodo 2024-25) abbia già raggiunto 112mila richieste nei primi giorni di apertura del click day, nonostante sia possibile presentare la richiesta entro il prossimo dicembre. La domanda di assistenza e cura per i propri cari incontra così l’offerta di donne disposte a duri ritmi di lavoro, oltre al peso che porta con sé l’impegno – non soltanto fisico ma anche psicologico – della presa in carico di persone fragili. Il tutto aggravato dalla lontananza dei propri affetti rimasti in patria. Dice Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina: «L’ingresso di più lavoratori immigrati nel settore domestico rappresenta una necessità improrogabile, visti l’invecchiamento della popolazione e i cambiamenti sociali e culturali in corso che hanno portato a un forte aumento dei bisogni di cura e assistenza».

Di Claudia Burgio

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