Gli utenti esigono segretezza, scambiandola spesso per tutela della privacy, ma questa favorisce il diffondersi di attività illegali
Telegram è un software che permette di inviare messaggi: è identico a Whatsapp e funziona nello stesso modo, almeno da un punto di vista superficiale, anche se in realtà ci sono delle differenze sostanziali. Lanciato nel 2013, consente agli utenti di trasmettere messaggi al proprio seguito tramite ‘canali’ simili ai gruppi ma in cui i partecipanti non possono rispondere, oppure di creare gruppi pubblici e privati a cui tutti possono accedere facilmente. La piattaforma ha affermato di avere più di 500 milioni di utenti attivi e ha superato 1 miliardo di download ad agosto 2021.
La prima questione interessante riguardo a Telegram è il suo inesistente modello di business. Il sistema è sicurissimo per i nostri dati, quindi il guadagno non si realizza con la loro vendita così come non proviene dalla pubblicità, del tutto assente. Secondo le parole del suo fondatore, il russo Pavel Durov, Telegram si mantiene grazie agli investimenti privati del medesimo, che dopo la creazione del ‘Facebook russo’ Vkontakte dispone di un’ampia liquidità finanziaria. L’ha creato e ci mette i soldi.
L’altra questione importante (in Italia arrivata all’onore delle cronache con i gruppi no-vax e il mercato nero dei Green Pass) è il fatto che la piattaforma sia diventata una sorta di panacea per i criminali informatici. Secondo un’indagine del gruppo di intelligence informatica Cyberint, condotta insieme al quotidiano “Financial Times”, Telegram si sarebbe trasformato in hub per i criminali informatici che lo utilizzano per vendere e condividere dati rubati e strumenti di hacking, poiché l’app di messaggistica emerge come alternativa al dark web. Il deep web è la porzione di Internet non indicizzata dai motori di ricerca mentre il dark web è quel territorio digitale che racchiude pagine che oltre a non essere indicizzate sono anche coinvolte in attività illegali: ed è di queste che si parla nella ricerca. Emerge anche che Telegram abbia un approccio meno rigido alla moderazione dei contenuti (al contrario di Whatsapp), consentendo così di prosperare ai vari gruppi ‘suprematisti’ e dediti alle teorie della cospirazione.
Le piattaforme, tutte, si trovano schiacciate tra due superpotenze: da una parte gli utenti che vogliono segretezza scambiandola spesso per tutela della privacy, con il conseguente lassismo che permette alla delinquenza di prosperare. Dall’altra le forze dell’ordine che chiedono il contrario, attraverso una più morbida tutela della privacy sotto la bandiera del “se non hai nulla da nascondere non devi temere nulla”.
Credo che l’equilibrio corretto tra queste due filosofie sia ancora lontano dall’essere individuato.
di Rudy Bandiera
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Tag: social media
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