TikTok chiude in Russia. Silenziati gli influencer pagati dalla propaganda
Gli influencer usati come strumenti di (dis)informazione dalla propaganda. È l’ultima trovata del Cremlino che ha pagato le star di TikTok per raccontare la loro “operazione di pace”. Appena in tempo, perché anche la big tech cinese ha lasciato il Paese.
TikTok chiude in Russia. Silenziati gli influencer pagati dalla propaganda
Gli influencer usati come strumenti di (dis)informazione dalla propaganda. È l’ultima trovata del Cremlino che ha pagato le star di TikTok per raccontare la loro “operazione di pace”. Appena in tempo, perché anche la big tech cinese ha lasciato il Paese.
TikTok chiude in Russia. Silenziati gli influencer pagati dalla propaganda
Gli influencer usati come strumenti di (dis)informazione dalla propaganda. È l’ultima trovata del Cremlino che ha pagato le star di TikTok per raccontare la loro “operazione di pace”. Appena in tempo, perché anche la big tech cinese ha lasciato il Paese.
Gli influencer usati come strumenti di (dis)informazione dalla propaganda. È l’ultima trovata del Cremlino che ha pagato le star di TikTok per raccontare la loro “operazione di pace”. Appena in tempo, perché anche la big tech cinese ha lasciato il Paese.
“La guerra più online di sempre, almeno fino alla prossima”. Così è stato definito nel podcast “The Content Mines” il conflitto tra Russia ed Ucraina, dove i contenuti sui social sono diventati una vera e propria arma nelle mani della propaganda.
Non sorprende, quindi – anche se certo fa impressione, solo scriverlo – che da oggi la Russia procederà al distacco dalla rete internet globale, dopo aver dichiarato di puntare a un’ “autarchia digitale”.
Questa guerra on-line, meno cruenta di quella sul campo ma non trascurabile per importanza, è stata anche definita dal New Yorker “la prima guerra di TikTok”, che cinque giorni fa ha chiuso i battenti in Russia seguendo quanto già fatto dagli altri colossi del web. È stato soprattutto il social cinese – con i suoi 36 milioni di iscritti russi e più di 16 mila influencer ucraini – il campo di battaglia online più agguerrito.
Su TikTok, i fan del presidente ucraini mostrano il loro supporto in ogni modo, e addirittura molti mostrano orgogliosi il risultato del filtro “quale Presidente sei?” quando il risultato è proprio Zelensky.
I sostenitori di Putin, nei loro discorsi di “pace”, sono sembrati invece meno spontanei. Nei profili di numerosi tiktoker russi, infatti, venivano ripetute le stesse identiche parole. Non un caso, ma discorsi scritti completamente a tavolino.
Si è scoperto poi che è stato lo stesso Cremlino ad arruolare tantissimi giovani influencer – con tanto di cachet – per ripetere lo stesso discorso, in cui “questa operazione speciale viene definita come importante per fermare il genocidio nel Donbass che ha ucciso centinaia di bambini innocenti”.
Come una vera e propria campagna pubblicitaria, i tiktoker coinvolti hanno pubblicato video fino al 7 marzo – giorno della chiusura di Tik Tok – con l’hashtag #давайзамир, un cancelletto per dire “portiamo la pace”.
“Tutti danno la colpa alla Russia, ma chiudono gli occhi che il Donbas è stato sotto tiro per otto anni” recitavano gli influencer assoldati nei loro video, secondo quanto riporta l’Atlantic Council. “Per favore controllate tutte le notizie, stiamo combattendo per la pace”.
Dopo esser stati scoperti e aver ricevuto numerose critiche per aver letto i messaggi della propaganda dietro compenso, alcuni di loro hanno silenziato i commenti sotto i video in questione, mentre la maggior parte li ha cancellati.
Non solo il Governo ha sempre negato di aver pagato gli influencer, ma ha fatto molto di più, arrivando ad accusare l’Ucraina di aver assoldato le star dei social per mettere in cattiva luce “l’operazione speciale”. Come Marianna Podgurskaya, la donna simbolo del bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol dove era ricoverata, e che ha partorito proprio oggi. La sua foto, che aveva fatto il giro del mondo, era stata messa in dubbio proprio dai russi che l’hanno accusata di aver inventato il suo stato di gravidanza e di essersi “messa in posa” per fare propaganda anti-russa sui social.
Come detto dal New Yorker, è surreale vedere come alcune formule consolidate della comunicazione e della pubblicità attraverso i social possano essere applicate anche ad una guerra.
Ed è impressionante pensare che la potenza di un Paese passi anche da balletti e da ragazzi con un semplice smartphone tra le mani.
Eppure, non accorgersi del ruolo e delle enormi responsabilità degli influencer, sarebbe un errore, vista la portata di visualizzazioni che questa guerra sta generando sui social, diventando a buon diritto un’arma capace di condizionare le sorti del conflitto. La Russia lo sa bene e sta provando a tagliare fuori i giovani dal resto del mondo, chiudendo i maggiori canali di informazione, spegnendo il world wide web, provando a cancellare ogni memoria.
Pratiche che ricordano tempi bui che pensavamo appartenessero a un passato ormai lontano.
di Sara Tonini
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