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La professoressa e le scomode verità

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Ha dei tratti surreali il gran rumore generato dalla “intemerata“ di Tina Gesmundo, la dirigente scolastica del liceo Salvemini di Bari

Tina Gesmundo

La professoressa e le scomode verità

Ha dei tratti surreali il gran rumore generato dalla “intemerata“ di Tina Gesmundo, la dirigente scolastica del liceo Salvemini di Bari

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La professoressa e le scomode verità

Ha dei tratti surreali il gran rumore generato dalla “intemerata“ di Tina Gesmundo, la dirigente scolastica del liceo Salvemini di Bari

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Ha dei tratti surreali il gran rumore generato dalla “intemerata“ della dirigente scolastica del liceo Salvemini di Bari, Tina Gesmundo, che la scorsa domenica ha richiamato i genitori degli aspiranti alunni della sua scuola alle loro responsabilità educative nei confronti dei figli.

La professoressa Gesmundo è diventata un caso nazionale, con le sue frasi secche rivolte a mamme e papà, a cominciare da quel: “Io non devo vendervi un detersivo“, riferito alla presentazione del proprio istituto durante l’open day.

Perché paradossale? Perché sono cose che solo in questa sede abbiamo scritto innumerevoli volte, richiamando i genitori a fare il proprio “mestiere” e che soprattutto dovrebbero essere l’assoluta normalità in tema educativo. Invece ne facciamo un fenomeno (non è certo colpa della prof).

La responsabilità è senza tempo, non ha nulla a che vedere con tutto quello che è cambiato nel rapporto genitori-figli (grazie al cielo, aggiungiamo). La nostra responsabilità non cambia: la responsabilità di fornire ai nostri figli gli strumenti base per costruire la loro vita in sicurezza, autonomia e assoluta libertà.

Questo non significa essere “severi“ – accezione ormai ridicola di suo – ma consapevoli di ciò che serve ai ragazzi. Dir loro la verità su ciò che li attende e ci riferiamo in particolare all’universo lavorativo e relazionale.

È una precisa responsabilità dei genitori far capire ai figli che il mondo non li aspetterà. Le rendite di posizione si stanno velocemente esaurendo e la concorrenza sarà molto più spietata di quanto lo sia stata per noi, a nostra volta già alle prese con difficoltà, interrogativi e svolte che i nostri genitori neppure si sognavano.

Questo va oltre la critica della professoressa pugliese alle mamme e ai papà che sarebbero interessati solo a indirizzare i propri figli verso carriera e soldi.

Detto che questi ultimi non sono aspetti secondari, deteriori o moralmente disprezzabili della vita (finiamola con questo eterno desiderio di demonizzare il profitto, il denaro, il successo, ci siamo dovuti sorbire anni di pauperismo populista e sarebbe anche ora di smetterla), il problema è far capire ai ragazzi che l’era digitale offre loro un favoloso ventaglio di opportunità, chiedendo però in cambio un’applicazione, uno spirito di sacrificio, un’ansia di imparare, comprendere e mettersi in gioco che è l’esatto opposto di tutto quello che abbiamo propagandato negli ultimi trent’anni.

Spesso cominciando proprio da casa e nei rapporti con la scuola. Ridotta ormai a una specie di pungiball per adulti che cercano a loro volta protezioni contrattuali e sicurezze economiche elargite dal pubblico, in un mondo che cambia vorticosamente e impone competitività, fantasia, gioia di vivere e di fare.

Insomma, la professoressa Gesmundo ha ragione, ma il fatto che faccia notizia dovrebbe far tremare i polsi, perché vuol dire che siamo messi veramente male.

di Fulvio Giuliani

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