Tra aspettative dei genitori, sogni e occupazione
| Società
La transizione ecologica potrebbe portare entro il 2050 alla creazione di 200 milioni di nuovi posti di lavoro. È importante garantire una formazione scolastica per le nuove mansioni.

Tra aspettative dei genitori, sogni e occupazione
La transizione ecologica potrebbe portare entro il 2050 alla creazione di 200 milioni di nuovi posti di lavoro. È importante garantire una formazione scolastica per le nuove mansioni.
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Tra aspettative dei genitori, sogni e occupazione
La transizione ecologica potrebbe portare entro il 2050 alla creazione di 200 milioni di nuovi posti di lavoro. È importante garantire una formazione scolastica per le nuove mansioni.
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La transizione ecologica: suggestiva, ma vista con sospetto. Suggestiva, perché con emissioni zero placa la nostra coscienza dandoci l’idea di lasciare qualcosa di meglio ai nostri figli. Sospetta, perché una sottocultura strisciante la abbina a una decrescita (in)felice foriera di sussidi e calo di posti di lavoro.
Come spesso accade, prima di schierarsi sarebbe intelligente provare a studiare il fenomeno. Governi, fondi e società di consulenza globali si sono lanciate per individuare i punti fermi delle emissioni zero. Tutti i settori economici e tutti i Paesi saranno interessati dai cambiamenti dei sistemi energetici e di utilizzo del suolo che generano emissioni, anche se i primi 69 Paesi per emissioni ne producono l’85% del totale. La portata della trasformazione economica sarà enorme, sicuramente avrà natura universale. Il capitale investito in asset fisici dovrebbe ammontare a circa 275 trilioni di dollari entro il 2050 (il 7,5% del Pil globale). La spesa potrebbe salire all’8,8% del Pil tra il 2026 e il 2030, rispetto al 6,8% attuale.
Su due punti sono tutti concordi. Uno: serve una transizione ordinata, così da evitare rischi importanti, fra cui carenze dell’offerta di energia e aumenti dei prezzi – e direi che lo stiamo vedendo. Due: una riallocazione della forza lavoro sarà necessaria, la transizione potrebbe portare entro il 2050 alla creazione di 200 milioni di nuovi posti di lavoro e alla perdita e riqualificazione di 185 milioni di posizioni, per un saldo netto positivo di 15 milioni.
Sono entrambi problemi politico-gestionali, ma se il primo attiene a una dimensione più globale, il secondo è strettamente legato alle nostre capacità italiche di modulare un’offerta scolastica, formativa e soprattutto culturale che consenta ai nostri figli di essere parte dei 200 milioni posti di lavoro nascenti e non dei 185 milioni cessanti. Va aumentata la formazione tecnica e occorre allargare l’impatto dell’innovazione sui percorsi scolastici dell’obbligo e superiori. È anche necessario recuperare la dignità del lavoro a tutti i livelli, educando i genitori che con le loro aspettative spesso indirizzano male le ambizioni dei ragazzi, molto più bravi di noi a vivere il loro tempo: hanno una sensibilità ecologica decisamente più spiccata degli adulti e comunicano in modo diverso da noi. Quanti dei nostri genitori avrebbero esultato se avessimo optato per un istituto agrario con il sogno di diventare cuochi? Oggi non ci sono più cuochi ma chef e fa figo, come direbbero loro. Perché si è lavorato sulla domanda e sulla comunicazione. Domani probabilmente lo sarà essere operai specializzati nel settore delle energie rinnovabili e sicuramente si potrà ambire a un lavoro – e non a un sussidio – sentendosi parte di una missione comune e più alta.
Se davvero vogliamo lasciare loro in eredità un mondo più bello, diamogli il sostegno per poter essere parte anche del sogno, insegniamo loro che il lavoro è sempre nobile e non solo quando si è magistrati. La sfida è globale e sarà una rincorsa a occupare quei 200 milioni di nuovi posti. E la fila – tra nazioni super ricche e povere ma più organizzate della nostra – è già lunga.
di Peter Durante
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