Turismo, spese e famiglie, l’Italia che sorprende
Italia: il turismo conferma un trend post pandemia che non sembra conoscere flessioni. Ma nel nostro Paese persiste anche un problema di disagio e povertà
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Italia: il turismo conferma un trend post pandemia che non sembra conoscere flessioni. Ma nel nostro Paese persiste anche un problema di disagio e povertà
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Italia: il turismo conferma un trend post pandemia che non sembra conoscere flessioni. Ma nel nostro Paese persiste anche un problema di disagio e povertà
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Italia: il turismo conferma un trend post pandemia che non sembra conoscere flessioni. Ma nel nostro Paese persiste anche un problema di disagio e povertà
Siamo nel cuore del ponte dell’Immacolata (di Sant’Ambrogio per i milanesi), tradizionale passo d’avvio della stagione turistica invernale e natalizia. Tutti gli indicatori del settore sono schizzati in alto e, come si suol dire in questi casi, “non si trova un buco da nessuna parte” e i costi riflettono l’altissima domanda. Ovunque: neve, città d’arte, e i mille angoli straordinari di un Paese incredibile qual è il nostro.
Turismo in super spolvero, dunque, confermando un trend che dopo la pandemia non sembra conoscere flessioni. Nello stesso momento, ne abbiamo scritto oggi su La Ragione, anche le previsioni di spesa per il Natale 2023 – elaborate da Confesercenti – probabilmente sorprenderanno i lettori, indicando un robusto aumento (+13%) rispetto al Natale 2022. Vale la pena ricordare, a tal proposito, che proprio l’Italia è fra i pochissimi paesi del G20 ad aver fatto segnare una spesa delle famiglie del 2023 in aumento (+1,1%) rispetto all’anno precedente. Molto più della Germania, per capirci. Ulteriore sorpresa, considerato il tenore dei commenti e delle previsioni sulla nostra economia.
Detto questo, questi dati smentiscono in qualche modo il tema della media degli stipendi nel nostro paese? Assolutamente no e sarebbe ridicolo utilizzare cifre e previsioni oggettivamente positive come una sorta di bilanciamento rispetto all’altrettanto oggettivo ritardo che l’Italia continua a denunciare nella media dei guadagni o nella capacità di consentire ai più giovani non solo di entrare più velocemente nel mondo del lavoro, ma di accedere a stipendi degni di questo nome e vere responsabilità non in tempi biblici.
Quelle stesse cifre, però, ricordano l’estrema complessità e vitalità di fondo della nostra società e dei nostri comparti produttivi. Restiamo un grande Paese industriale e trasformatore, caratterizzato da una miriade di aziende che fanno letteralmente mangiare la polvere ai concorrenti in giro per il mondo.
Questi sono fatti che non smentiscono, ma che si accompagnano ai problemi che ci attanagliano. Meriterebbero di essere considerati, non oscurati perché contrari alla narrazione comune. A quell’idea di sfascio che piace tanto a certi frequentatori di talkshow televisivi e animatori di dibattiti social sempre uguali a se stessi.
Dire che siamo un Paese ricco è pacifico, anche alla luce dei dati di cui sopra. Eppure non sposta di un millimetro la gigantesca amarezza per i problemi citati o per quelle sacche di profondo disagio e povertà che vediamo intorno a noi. Non incide sui paurosi disequilibri fra aree dell’Italia, ma ci ricorda quale sia la nostra forza, la nostra capacità. La possibilità – diremmo l’obbligo – di andare oltre quell’interessata descrizione di un Paese finito e ripiegato su se stesso che piace tanto ai profeti di sventura.
Guardiamola e analizziamola la realtà, tutta e sempre. Per decenza e e onestà intellettuale.
Di Fulvio Giuliani
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