Oggi è l’ultimo giorno di scuola per due dei miei tre figli (il terzo è troppo piccolo ed è atteso ancora da un mese abbondante di asilo nido, con suo grande rammarico). L’8 giugno, infatti, è l’ultimo giorno per gli studenti della Lombardia e l’anno scolastico volge al termine, al di là delle ormai consuete differenze di pochi giorni fra Regione e Regione.
Si chiude un altro anno in cui abbiamo parlato, in materia, un po’ sempre delle solite cose: molto degli insegnanti, del loro numero, delle loro competenze, mentre abbiamo da alcuni mesi il ministero che non è più solo della Pubblica istruzione, ma anche del “Merito“ (indicazione di sicuro effetto e che ci trova ampiamente favorevoli in linea teorica, per ora malinconicamente fermo al nome e nulla più).
Quasi per niente di ciò che dovrebbe garantire agli studenti – ai nostri ragazzi – una formazione al passo con i tempi e alle sfide che li attendono.
Litighiamo sempre sulle stesse cose: i test Invalsi, i libri, la composizione delle classi, mentre l’alternanza scuola-lavoro è stata di fatto sepolta anni fa e più nessuno se n’è realmente occupato. La digitalizzazione, spinta dalle emergenze legate alla pandemia, continua a fermarsi alla superficie, a qualche strumento informatico a disposizione di professori e studenti e poco più. Per la gran parte dei ragazzi, entrare in classe al mattino significa ancora intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo, fra location e didattiche ancorate al XX secolo.
In generale, è passato un altro anno scolastico in cui si è andati avanti a singhiozzo o, se preferite, a macchia di leopardo, affidandosi alla buona volontà dei professori più capaci e di maggiore coscienza. Trattati, considerati e pagati esattamente come tutti gli altri – a cominciare dagli sfaticati – alla faccia del “merito“ di cui sopra. Una loro valutazione continua a essere considerata cosa improponibile.
Cominciano le vacanze estive (e cominciano anche i tradizionali salti mortali delle famiglie, fra camp e corsi curati da una miriade di iniziative meritorie, ma troppo poco dalle strutture scolastiche pubbliche), comincia quel mese di giugno che tutti ricordiamo con particolare affetto e nostalgia: le prime settimane, i giorni così dolci con interi mesi di divertimento davanti a noi. Memorie e sensazioni impareggiabili, che vorremmo tanto poter associare a una scuola moderna e capace di guidare i nostri figli verso gli anni decisivi della formazione. Vorremmo.
di Fulvio Giuliani
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