Un finale che si può cambiare
Un finale che si può cambiare
Un finale che si può cambiare
Non esiste un lieto fine quando una donna muore uccisa dal proprio marito. Esistono però storie che dimostrano come oltre il male ci possa essere del bello: il bimbo di due anni di Anastasiia, scappata dalla guerra in Ucraina e uccisa a Fano dall’uomo che aveva sposato, è stato affidato temporaneamente alla famiglia di un deputato, poco importa di quale partito. Lei, la mamma di questo piccolo, lavorava nell’osteria di proprietà della famiglia del politico. E così, davanti alla tragedia, il gesto di amore e umanità: prendersi cura di un piccolo rimasto ingiustamente orfano. Con una madre che non c’è più e un padre colpevole di averla uccisa. In Italia è arrivata anche la nonna del bimbo e infatti la famiglia che lo ha accolto non ha intenzione di chiedere che Adam, così si chiama, resti con loro. Ma intanto quello che hanno fatto è lodevole. E c’è da sperare che alla nonna, unico pezzo di famiglia rimasto al bambino, venga concesso di restare in Italia.
Nulla potrà riportare in vita Anastasiia, ma il nostro Paese ha l’occasione di vedere prendere con i fatti una posizione chiara contro due violenze diverse e ugualmente senza senso: quella della guerra e quella del singolo uomo. Che la storia di Anastasiia abbia così tanto colpito è già una dimostrazione, che quel bimbo sia stato accolto subito da una famiglia italiana ne è un’altra. Non resta che un ultimo tassello da compiere. Ultimo ma non meno importante. Per provare a dare almeno a quel bimbo il futuro sereno che a sua madre è stato ingiustamente negato.
Di Annalisa Grandi
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