“Ho trasformato l’odio in una missione”, parla Valentina Pitzalis
“Ho trasformato l’odio in una missione”, parla Valentina Pitzalis
“Ho trasformato l’odio in una missione”, parla Valentina Pitzalis
Sono passati 12 anni da quella notte del 17 aprile 2011 in cui la vita di Valentina Pitzalis venne stravolta da una violenza che lascia ancora oggi attoniti. La furia dell’ex per la fine del loro matrimonio sfociata nel gesto diabolico di cospargerla di benzina e darle fuoco porterà alla morte di lui mentre Valentina si sveglierà in un letto d’ospedale con il volto completamente sfigurato e un’invalidità al 100%. Valentina è però forza allo stato puro ed è riuscita a trasformare quella vita presa per i capelli in impegno: supportare tutte le donne vittime di violenza nel difficile percorso per dire BASTA.
“Se all’inizio imploravo i medici di uccidermi per il troppo dolore ho poi capito che non potevo lasciarmi andare. Ho avuto la forza di trasformare odio e rancore in una missione. Non tutte le donne hanno avuto la fortuna di sopravvivere come me”, racconta. Con coraggio e abnegazione, la Pitzalis è diventata testimonial del progetto “MAI PIÙ” di OTB Foundation e FARE X BENE ETS: un programma attivo di prevenzione e sensibilizzazione nelle scuole medie e superiori di tutta Italia. “La vicenda di Giulia ha scosso tutti ed è ormai chiaro che non si può agire solo in emergenza. Questa piaga sociale va debellata sin da piccoli” e, continua, “mi fa sorridere che la proposta del governo di “educazione alle relazioni” sia pensata solo per gli studenti delle superiori, in orario extracurricolare e facoltativa. Bisognerebbe iniziare dalle elementari”. L’iniziativa ha raggiunto dal 2018 oltre 100mila studenti. Arianna Alessi, vicepresidente della Fondazione, conferma con orgoglio che all’aumento dei casi di violenza “sono aumentate contestualmente anche le richieste di aiuto. È un dato molto positivo. OTB Foundation e FARE X BENE continueranno insieme i percorsi di educazione al rispetto dell’altro per cambiare la cultura della violenza”.
Quest’ultima è costituita spesso da micro-abusi che le donne non sono in grado di riconoscere, come ci conferma Valentina: “Insegno ai ragazzi a riconoscere i primissimi campanelli d’allarme. Non individuarli significa avviare una catena di errori che può risultare fatale”. La violenza di genere sembra rispondere ad un registro fisso fatto di bugie, sensi di colpa e tranelli giustificati da gelosia o “troppo amore”. Come nel caso di Giulia Cecchettin. “Le storie di violenza sono cicliche così come le reazioni. Avevi la minigonna? Allora te la sei cercata. O, come nel mio caso dove io non sono morta ma il mio carnefice si: “allora la cosa non mi quadra”. Si definisce “vittimizzazione secondaria e va debellata”.
All’indomani del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Valentina chiede di non perdere di vista l’obiettivo ogni giorno. “Educazione nelle scuole e certezza della pena: questi i mezzi per troncare questa follia collettiva. I ragazzi, alla fine di ogni incontro, mi vengono a ringraziare. Un gesto che mi ripaga di tutto il dolore causatomi dal dover ripercorrere la mia storia”.
di Raffaela MercurioLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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