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Venere 2.0, meraviglia o trash?

La nuova campagna del Ministero del Turismo italiano, con Venere di Botticelli in veste di Influencer, non è sbagliata. È solo brutta
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Venere 2.0, meraviglia o trash?

La nuova campagna del Ministero del Turismo italiano, con Venere di Botticelli in veste di Influencer, non è sbagliata. È solo brutta
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Venere 2.0, meraviglia o trash?

La nuova campagna del Ministero del Turismo italiano, con Venere di Botticelli in veste di Influencer, non è sbagliata. È solo brutta
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La nuova campagna del Ministero del Turismo italiano, con Venere di Botticelli in veste di Influencer, non è sbagliata. È solo brutta
Se è vero che al giorno d’oggi siamo abituati a tutto e non ci stupisce (quasi) niente, è vero anche che il primo impatto con la Venere di Botticelli 2.0 della nuova campagna internazionale del ministero del Turismo italiano, va oltre la semplice meraviglia. Ci lascia semplicemente un po’ attoniti.
“Open to meraviglia” è il claim scelto dal gruppo Armando Testa per la nuova campagna costituita da immagini e video che verranno diffusi nei principali hub aeroportuali e ferroviari non solo italiani. Ciliegina sulla torta poi, anche una pagina Instagram dedicata, Venereitalia23. Venere che mangia una pizza sul lago di Como, Venere che si scatta un selfie in Piazza San Marco a Venezia, Venere che ammicca in uno shooting, in minigonna e t-shirt che lascia intravedere un seno decisamente più abbondante dell’originale botticelliano.
Il costo totale della meraviglia grafica: 9 milioni di euro.
 
Non si tratta, come alcuni dicono, di una questione di buongusto, di aver macchiato l’arte rinascimentale trasformando la Venere in Chiara Ferragni (come ha dichiarato Sgarbi sulla vicenda). Sorvoliamo poi sui cliché pizza e mandolino che, nonostante tutto, hanno fatto la fortuna dell’iconografia italiana nel mondo e ne siamo tutti (anche inconsapevolmente) affezionati. È soltanto una campagna che ammicca al trash, con l’aggravante del costo spropositato per produrla, che la rende ancora più sgradevole. Sbagliata, seppur con buone intenzioni.
di Raffaela Mercurio

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