Luis e Flora, storie d’amore d’altri tempi e altro calcio
Ho scoperto una storia che colpevolmente non conoscevo nei dettagli: quella della meravigliosa favola d’amore fra Luis Vinicio e sua moglie Flora
Luis e Flora, storie d’amore d’altri tempi e altro calcio
Ho scoperto una storia che colpevolmente non conoscevo nei dettagli: quella della meravigliosa favola d’amore fra Luis Vinicio e sua moglie Flora
Luis e Flora, storie d’amore d’altri tempi e altro calcio
Ho scoperto una storia che colpevolmente non conoscevo nei dettagli: quella della meravigliosa favola d’amore fra Luis Vinicio e sua moglie Flora
Ho scoperto una storia che colpevolmente non conoscevo nei dettagli: quella della meravigliosa favola d’amore fra Luis Vinicio e sua moglie Flora
Grazie alla splendida penna di Mimmo Carratelli, storico giornalista sportivo napoletano – un maestro – e per anni prima firma sportiva de Il Mattino, ho scoperto una storia che colpevolmente non conoscevo nei dettagli: quella della meravigliosa favola d’amore fra Luis Vinicio e sua moglie Flora. Vinicio, semplicemente “‘O Lione“ per generazioni di napoletani, è stato un grande giocatore brasiliano innamorato perdutamente della città e della squadra e divenuto presto più napoletano di tanti partenopei di nascita.
Idolo del Napoli laurino, all’epoca del presidentissimo, sindaco e capopopolo comandante Achille Lauro degli anni ‘50, nei ‘70 degli azzurri fu allenatore conducendola in una cavalcata che sfiorò il primo scudetto.
Luis Vinicio faceva giocare un calcio all’olandese, avanti di molti anni rispetto alle anchilosate abitudini italiane. Una versione in salsa azzurra del calcio totale dei maestri dell’Ajax che ubriacò le difese della Serie A e si arrese solo alla forza superiore della Juventus e al leggendario goal ammazza speranze di José Altafini in un Juventus-Napoli che lo consegnò alla storia come “Core ‘ngrato“. Lui che del San Paolo era stato idolo incontrastato solo pochi anni prima (ma verrà perdonato in fretta e a tutt’oggi è ricordato con affetto in riva al Golfo). I tifosi non hanno mai smesso di amare Luis Vinicio per quel sogno e per l’attaccamento incondizionato alla città, diventata sua e del lunghissimo e felice matrimonio con Flora. Lei, figlia della buona società di Rio de Janeiro, fu conquistata all’istante dal fascino di questo bel calciatore del Botagofo, compagno del leggendario Garrincha. Il papà aveva altri progetti per la figlia e la mano infine la concesse, ma solo quando Vinicio era ormai una stella a Napoli.
Sono stati insieme 67 anni, fino a quando pochi giorni fa quell’orrenda malattia che è la Sla ha avuto la meglio su Flora e l’ha portato via al suo Leone. Luis Vinicio ha 92 anni, gli acciacchi sono tanti, il dolore per la perdita della moglie inimmaginabile. Gli anni della gioia di giocare al pallone o di spingere i suoi ragazzi a tentare un calcio mai visto sono irrimediabilmente lontani.
Non perduti, perché è meraviglioso quanto i tifosi – anche quelli che sarebbero nati dieci o vent’anni dopo la fine della sua carriera da allenatore – vogliano bene a questo idolo d’altri tempi. Di un calcio che sapeva creare storie lunghe una vita, gettando ponti sugli oceani, Paesi lontanissimi e culture così diverse.
Ho avuto l’enorme fortuna di assaporare gli ultimi echi di quel calcio e ricordo l’affetto sincero e l’assoluta riconoscenza che avvolgeva Vinicio, Pesaola, Juliano, Canè quando sbucavano in tribuna stampa al San Paolo nei ruggenti anni di Maradona. Con l’eccezione di Totonno Iuliano, scomparso da poco, tutta gente che veniva da lontano e si era sentita a casa a Napoli.
Non avevano vinto niente o quasi in azzurro, ma per cinquant’anni sono stati degli indimenticabili.
di Fulvio Giuliani
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