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Consumismo

W il consumismo

Senza il consumismo non avremmo tirato fuori di casa le donne e tutti avremmo sviluppato meno desideri

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Senza il consumismo non avremmo tirato fuori di casa le donne e tutti avremmo sviluppato meno desideri

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Senza il consumismo non avremmo tirato fuori di casa le donne e tutti avremmo sviluppato meno desideri

La sbornia di Halloween è appena passata: zucche, ragnatele, dolcetti di ogni forgia e gusto, corna da diavolo, asce, mazze, cicatrici, sangue, lapidi e zombie vengono riposti nelle scatole delle famiglie e nei magazzini dei negozi. C’è da far spazio a panettoni e pandori…

Ad accompagnare questa frenesia commerciale sempre lo stesso sottofondo: “Non se ne può più, sempre prima, sempre di più, si fa qualsiasi cosa pur di vendere (incredibile, vero?), ai miei tempi..“. A vincere, però: “È tutto consumismo!“.

Quando eravamo ragazzi non c’era Halloween, con buona pace degli esorcisti in servizio permanente effettivo terrorizzati che la baracconata del 31 ottobre possa preludere all’avvento della chiesa del demonio, ma nonne e zie usavano esattamente le espressioni che oggi sono proprie di una certa categoria di commentatori moraleggianti.

Noi, allergici al catastrofismo parolaio e ripetitivo, il consumismo lo benediciamo. Il consumismo è ricchezza, il consumismo e produzione, il consumismo è una tensione a migliorare un passo alla volta la propria condizione. Cominciando da quelle minuscole coccole che abbiamo tutto il diritto di concederci e senza le quali le nostre giornate sarebbero più grigie.

Il così vituperato consumismo ha aiutato a definire il trionfo della civiltà occidentale nel secondo dopoguerra. Perché il consumismo è a valle di ben più fondamentali principi che hanno mosso la nostra civiltà negli ultimi ottant’anni: i diritti dell’individuo, la libera iniziativa economica, imprenditoriale e culturale. L’idea che vivendo meglio, avendo più “cose”, si riducano le differenze fra le classi sociali e sempre più donne e uomini avranno il tempo e la condizione psicologica per coltivare i propri interessi, elevarsi, scoprire talenti che nel mondo pre consumistico erano esclusivo appannaggio delle classi privilegiate.

Senza il consumismo, non avremmo tirato fuori di casa le donne e tutti avremmo sviluppato meno desideri. I desideri e i sogni sono fra i grandi motori della vita, converrebbe non dimenticarlo.

I profeti del neo ascetismo imputano al consumismo anche un eccesso di omologazione. È indiscutibile come passeggiando per le strade di Madrid, Copenhagen, Dublino o Pavia colpisca il senso di familiarità dato da una serie di brand e catene ma questa preferiamo chiamarla “integrazione”, non “omologazione”.

Per i nostri figli il concetto stesso di “casa” è enormemente più esteso di quanto fosse per la generazione nata fra gli anni Sessanta e Settanta, derivato anche da quella comunità di gusti, mode e abitudini determinata dal consumismo.

Che in fin dei conti è solo un modo deteriore di definire l’economia di mercato o alcuni suoi eccessi indiscutibili.

Come sempre, sta all’individuo saper distinguere ed equilibrare, perché la nostra è la società dell’equilibrio – profondamente complesso da raggiungere – fra i diritti e i doveri di ciascuno e il suo libero apporto alla comunità.

Di Fulvio Giuliani

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