Tecnologia sovrana
L’importanza di stare al passo con il progresso tecnologico è fondamentale per la crescita del Paese.
Tecnologia sovrana
L’importanza di stare al passo con il progresso tecnologico è fondamentale per la crescita del Paese.
Tecnologia sovrana
L’importanza di stare al passo con il progresso tecnologico è fondamentale per la crescita del Paese.
L’importanza di stare al passo con il progresso tecnologico è fondamentale per la crescita del Paese.
Siamo a un punto di svolta e quasi non ci se ne accorge. Arrabattandosi in un presentismo che è già ieri, si trascura di pensare a quel che arriverà domani. Siccome non vorremmo si ripetesse quel che è avvenuto con la moneta unica europea – quando le scadenze decisive furono sottovalutate, le opportunità fraintese e alle controindicazioni si è arrivati impreparati – avvertiamo che meriterebbe ben maggiore attenzione quel che matura nel campo della tecnologia. Una questione da cui forse non dipendono i voti per la conquista del municipio di Vattelappesca di Sotto, ma il futuro sì.
Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, parla esplicitamente del bisogno che l’Unione europea sia tecnologicamente autonoma. Vale a dire abbia dei campioni capaci di competere nel mercato globale e di soddisfare le esigenze del mercato interno. Nelle stesse ore l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, conferma che il gruppo parteciperà a programmi collettivi europei, che si segnalano come crescenti per numero e importanza. Significa che si è sulla strada che qui segnalammo: mentre la politica parla un po’ genericamente di “esercito comune europeo”, preoccupandosi al più dei retrostanti affari esteri, l’integrazione vera cammina con le gambe della tecnologia, procede più nel mondo industriale che nelle stanze dei comandi strategici. È un approccio efficace, perché quei comandi, anche europei, sono manichini per divise se non dispongono di sistemi d’arma integrati capaci di rispondere ai comandi. Il che si ottiene più in fabbrica che non in accademia militare.
Questo, però, ribalta le regole del gioco. E chi non lo capisce per tempo è destinato a perdere, quanto meno le opportunità. In questo, purtroppo siamo degli specialisti. Se lo scopo, giusto, nel settore difesa e non solo, è avere campioni europei ne deriva che il mercato di riferimento non è quello del sommarsi dei singoli mercati nazionali, ma la competizione fra il loro integrarsi e il resto del mondo. Se vuoi competere con i cinesi o con gli statunitensi non potrai ragionare come se regolassi solo gli equilibri fra i Paesi che compongono l’Unione. Cambi completamente riferimenti. Dall’energia all’informatica, dalle comunicazioni alla difesa cambia il modo in cui concepire l’antitrust e la posizione dominante. Il cui abuso va comunque colpito, perché indebolisce il mercato e sopprime competitori, ma non senza cambiarne i riferimenti. Il che, ancora, comporta rivedere il concetto di equilibrio nello sviluppo, giacché comunque si assisterà al crescere di poli produttivi per forza di cose radicati in un posto anziché in un altro. E questo porta alla riscrittura delle regole compensative, per evitare che un sistema Paese più efficiente finisca con il creare attorno a sé dei satelliti subordinati, cosa che svellerebbe i cardini dell’Unione.
Quel che non si vede prima finisce con il travolgere poi. Una volta fissate le regole della moneta unica l’Italia si trovò dall’avere un debito pubblico con tassi d’interesse altissimi e risparmi falcidiati dall’inflazione al disporre di tassi d’interesse bassi e poca inflazione, condizioni che avrebbero consentito un rientro graduale e non traumatico dal debito. Interpretammo quei segnali, invece, come il viatico a poter far crescere il debito, salvo poi vivere come ‘austerità’ l’ovvia conseguenza del crescere del suo costo e la produzione annuale di deficit (che è l’opposto dell’austerità). Ci fregammo con le nostre stesse mani, vendendo illusioni a chi amava farsi illudere, ovvero elettori che puntualmente punivano chi provava a richiamare la realtà. Vediamo, se possibile, di non ricommettere lo stesso errore: abbiamo interessi e valori tecnologici da difendere, ma per crescere e diventare campioni, non per farsi intortare e diventare presidenti in carica per suonare il campanellino a inizio riunioni.
di Davide Giacalone
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