
Turismo per caso
Turismo per caso
Turismo per caso
Reduce dai primi giorni all’estero dopo tanto (troppo) tempo, si impone una riflessione su quanto i prossimi mesi saranno decisivi per il turismo in Italia.
Per un verso, è scontato registrare la voglia dirompente di riprendere a muoversi, tornare a sentire casa propria l’intera Europa, entrare e uscire dagli aeroporti con naturalezza. Si avverte, al contempo, una sensazione di fondo e ne dobbiamo fare un punto di forza, non di debolezza: tante cose sono cambiate e sono destinate a restare mutate per molto, molto tempo.
Come è giusto e inevitabile, nella lunga fase di gestione di una pandemia che – giova ricordarlo ancora – è tutt’altro che finita. La convivenza sarà difficile, sta a noi non renderla impossibile.
Dal punto di vista strettamente turistico, a fare la differenza saranno livello e qualità di servizi. Ancor di più da oggi in avanti, quando dovremo essere capaci di coniugare massima cura e attenzione nei sacrosanti controlli e capacità di gestire l’accoglienza.
Lo scrivemmo ormai due mesi fa: pensare di riavviare la macchina del turismo basandosi sullo scontato rimbalzo della domanda, significherebbe consegnarsi indifesi alla concorrenza. Che c’è esattamente come prima, ma se possibile sarà ancora più agguerrita, nella consapevolezza che la torta si è ristretta per tutti.
Come accade più in generale per il Paese, alla vigilia di una possibile ripresa sostenuta da investimenti mai visti, anche nello specifico del turismo l’occasione è unica. Dobbiamo, però, essere onesti: per ora, non vediamo quei segnali che ci saremmo aspettati. I meccanismi sembrano quelli di sempre, ci si accontenta di un boom di prenotazioni, lo ripetiamo, del tutto scontato. Il rapporto qualità-prezzo lascia a desiderare. Così facendo, si rischia di cadere nella stanca ripetizione di riti che risultavano già logori prima della pandemia. Figuriamoci oggi, in un mondo a tratti irriconoscibile.
Partiamo dai servizi essenziali e farò l’esempio dell’aeroporto della Malpensa: ancora oggi, il sevizio di riconsegna dei bagagli è, nella migliore delle ipotesi, rivedibile. Dalla nascita di questo aeroporto, mai devenuto l’hub promesso, non si è mai riusciti a risolvere il problema. Un mistero glorioso in una struttura imparagonabile, per traffico e dimensioni, ai grandi scali continentali. Recuperati i bagagli, poi, le nuove regole di gestione dei flussi dei passeggeri, a causa del Covid, impongono percorsi di entrata e uscita ben definiti. Peccato siano indicati non male, ma peggio.
Due esempi minimi, ma indicativi di una mentalità, di un’incapacità cronica di affrontare il turismo partendo dal piano dei servizi alla clientela.
Stiamo attenti, finché siamo in tempo: non facciamo i fenomeni e non diamo la sensazione di voler spennare il pollo appena tornato a trovarci.
Perché potremmo trovarci malinconicamente soli nell’aia.
di Fulvio Giuliani


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