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Una domenica azzurro sangue
Ti svegli in una domenica così e senti che c’è poca aria intorno a te. È stata risucchiata dall’attesa di due eventi che uno alla volta ci avrebbero già rapito, ma che a distanza di sei ore uno dall’altro cancellano qualsiasi altra cosa.
Una domenica azzurro sangue
Ti svegli in una domenica così e senti che c’è poca aria intorno a te. È stata risucchiata dall’attesa di due eventi che uno alla volta ci avrebbero già rapito, ma che a distanza di sei ore uno dall’altro cancellano qualsiasi altra cosa.
Una domenica azzurro sangue
Ti svegli in una domenica così e senti che c’è poca aria intorno a te. È stata risucchiata dall’attesa di due eventi che uno alla volta ci avrebbero già rapito, ma che a distanza di sei ore uno dall’altro cancellano qualsiasi altra cosa.
Ti svegli in una domenica così e senti che c’è poca aria intorno a te. È stata risucchiata dall’attesa di due eventi che uno alla volta ci avrebbero già rapito, ma che a distanza di sei ore uno dall’altro cancellano qualsiasi altra cosa.
E sapete che vi dico? Va bene così.
Per una domenica possiamo non parlare di vaccini (senza ignorare la realtà e perdere di vista le responsabilità di ciascuno di noi), Next Generation, Draghi, Merkel, Giustizia e Ddl Zan. Per le prossime 18 ore dobbiamo concentrarci solo sulla bellezza.
Perché lo sport, nonostante Il professionismo esasperato e i mercanti nel tempio, continua a farci vivere e raccontare le storie più vere che ci siano. Concediamoci di pensare a come si saranno svegliati oggi Matteo Berrettini e gli Azzurri. Proviamo a vivere le loro emozioni.
La consapevolezza, la responsabilità, ma anche la gioia di momenti così. Il privilegio di viverli, condividendoli con un intero Paese.
È in istanti rarefatti come questi che i sacrifici hanno un senso compiuto. Come le rinunce a cui noi persone ‘normali’ non pensiamo mai, concentrati su lustrini e riflettori.
Oggi è il giorno, quello in cui tutti i pezzi devono andare a posto. Il punto di arrivo di un viaggio iniziato sul campetto sotto casa e nel circolo di quartiere.
Oggi, che è il giorno, Matteo e i 26 di Mancini troveranno qualche secondo per i loro ricordi. Il primo maestro, la prima coppetta, il tifo a bordo campo di mamma e papà. No, il Presidente non c’era allora…
Perché è quando hai piena consapevolezza del viaggio, che ogni meta diventa raggiungibile.
di Fulvio Giuliani
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