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Videogame, controllo alla cinese

Con la scusa della protezione dei bambini dalla dipendenza da gioco, verranno controllati i dati personali dei giocatori e la durata delle loro partite.
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Videogame, controllo alla cinese

Con la scusa della protezione dei bambini dalla dipendenza da gioco, verranno controllati i dati personali dei giocatori e la durata delle loro partite.
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Videogame, controllo alla cinese

Con la scusa della protezione dei bambini dalla dipendenza da gioco, verranno controllati i dati personali dei giocatori e la durata delle loro partite.
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Con la scusa della protezione dei bambini dalla dipendenza da gioco, verranno controllati i dati personali dei giocatori e la durata delle loro partite.
Nic Yee è co-fondatore e responsabile dell’analisi di Quantic Foundry, una società di consulenza sull’analisi dei giochi. Un suo studio si propone di comprendere come si differenziano i giocatori di videogame e quali siano le loro motivazioni al gioco anche in relazione al genere, all’età e ai comportamenti tenuti durante le partite. Senza entrare nel dettaglio delle sue conclusioni, si può dire che è facile identificare i videogiocatori con uno stereotipo così come è altrettanto facile attribuire loro a priori delle attitudini devianti. La realtà dei fatti è che la gente gioca per tanti motivi diversi e che lo stesso videogame può avere un diverso impatto sulle abitudini di una persona a seconda di come questa decida di comportarsi durante il gioco. A metà del 2018 l’Organizzazione mondiale della sanità ha riconosciuto la dipendenza da videogiochi (gaming disorder) come una patologia, inserendola nell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems che sarà effettivo dal 1° gennaio 2022. Poco più di un anno dopo, a marzo 2020, sempre l’Oms ha però promosso una campagna che invitava a restare a casa a giocare, da soli o insieme, ai videogame con l’obiettivo di incoraggiare le persone a seguire le raccomandazioni sul distanziamento sociale per evitare la diffusione del Coronavirus. È quindi evidente che certificare se i videogiochi facciano bene o male rimane nell’ambito dell’equilibrio e del trattare gli stessi come si tratta il vino: un uso parsimonioso va bene, un eccesso no. Veniamo ora al punto: in Cina i minori non potranno giocare più di tre ore a settimana, dalle 20 alle 21 da venerdì a domenica. La decisione è stata motivata come «prevenzione della dipendenza dei minori dai giochi online». In che modo?

Come fa lo Stato a sapere chi e da quanto tempo sta giocando?

Attraverso un rigoroso controllo degli accessi tramite nome reale e riconoscimento facciale: i giocatori dovranno dire chi sono, certificare età e identità mettendoci letteralmente la faccia e lasciando che siano i gestori dei videogame a controllare la veridicità delle informazioni fornite. Dietro alla bandiera della protezione dei minori il Dragone di Pechino sta insomma studiando, schedando e di fatto controllando le persone nelle proprie case, annichilendo il libero arbitrio e la responsabilità genitoriale, sostituendosi a mamma e papà, ergendosi a Grande Fratello. La democrazia è dare la possibilità alle persone di scegliere (libero arbitrio) accettando le conseguenze delle proprie scelte (responsabilità) ma questo, evidentemente, vale appunto soltanto in una democrazia.   Di Rudy Bandiera

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