Astro Boy, ripudiato due volte
Come una sorta di Pinocchio del Sol Levante, Astro Boy viene costruito dal Dottor Tenma (già ministro della Scienza) per rimpiazzare il figlio che aveva perduto
Forse grafomani si nasce. Una dote rara, spesso indicata con disprezzo. Se, tuttavia, una tale mania non si sfoga con lettere minatorie, può certo dar vita a fenomeni unici nella letteratura di una nazione. Il poeta dialettale romagnolo Nino Pedretti sosteneva che «il grafomane scrive perché vuole comunicare, vuole partecipare anche lui». Un grande comunicatore fu infatti il belga Georges Simenon, che macinava ottanta pagine al giorno scrivendo di Maigret come di altre dozzine di personaggi e storie senza indagini. Un giapponese che partecipò grandemente alla cultura popolare del suo Paese fu invece Osamu Tezuka, tanto da meritarsi l’appellativo di “padre del manga” (come vengono chiamati i fumetti in Giappone). Si tratta infatti del mangaka (autore di manga) per antonomasia, la cui completa bibliografia pare ancora sfuggire agli archivi vista la mole di storie disegnate sotto pseudonimi. Nel mare magnum della sua produzione fumettistica, come Simenon ebbe Maigret anche Tezuka diede alla luce un vero e proprio figlio di carta: furono infatti e soprattutto le avventure di Tetsuwan Atom, da noi conosciuto come Astro Boy, a portarlo all’attenzione del grande pubblico nipponico.
Come una sorta di Pinocchio del Sol Levante, Astro Boy viene costruito dal Dottor Tenma (già ministro della Scienza) per rimpiazzare il figlio che aveva perduto. L’androide in realtà era già apparso in una precedente storia di Tezuka, “Atom Taishi” (Atom l’ambasciatore), ma fu l’editor capo Takeshi Kanai della rivista “Shōnen” della casa editrice Kobunsha a consigliare all’autore di adattarlo per una nuova storia. Il personaggio probabilmente era troppo freddo e robotico nei comportamenti, mentre secondo Kanai doveva mostrare più emozioni umane. Una storia forse ispirata a quella stessa della Kobunsha, nata come ‘volto umano’ del colosso editoriale Kodansha che – dopo la Seconda guerra mondiale – aveva rischiato il fallimento a causa del risentimento popolare per la sua stretta collaborazione con l’algido e spietato regime militarista giapponese.
In ogni caso, il nuovo Pinocchio-Astro Boy si rivela una delusione per il geniale Dottor Tenma: il figlio morto è purtroppo insostituibile da un ammasso di bulloni incapace di crescere, così decide di venderlo al circo gestito da un crudele pseudo Mangiafuoco il cui nome in giapponese suonerebbe come Prosciuttuovo. Non proprio un esempio di umanità, il ministro, ma il tratto sintetico e morbido di Tezuka permette al fumetto di librarsi persino sopra punti così crudeli. I personaggi appaiono come sagome ipercinetiche, spesso impegnate in movimenti istrionici. Con una prossemica tanto marcata e paradossale, si può anche raccontare l’abbandono di una forma di vita – cibernetica, in questo caso – senza che diventi il fulcro della storia. Tanto più se Astro Boy viene poi salvato dal successore di Tenma, il ministro della Scienza Hiroshi Ochanomizu, che vede nel ragazzo d’acciaio un essere dalle caratteristiche prodigiose. Sarà Ochanomizu a renderlo un supereroe impegnato nel lottare contro robot impazziti, umani tecnofobi e persino invasioni aliene. Una formula semplice, ma dalla sua prima uscita nel 1952 il manga va a ruba. Nelle sue pagine i giapponesi del dopoguerra ritrovano sia la speranza verso un futuro migliore sia un senso di umanesimo irriflesso e innocente. Quando esce l’anime (il cartone animato) pare che venga visto dal 40% dell’intera popolazione del Giappone.
Un successo strepitoso, nonostante il suo autore lo considerasse un fumetto ‘alimentare’ di serie B. All’apice della popolarità del primo anime, Tezuka affermò infatti che considerava «Astro Boy uno dei miei più grandi fallimenti, scritto per la pura ricerca della fama e dei soldi». Un triste destino, quello di Astro Boy: amato alla follia dal pubblico, ma ripudiato sia dal suo creatore nella storia che dal suo creatore fumettistico.
di Camillo Bosco
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