Blueberry e la guerra editoriale
Il Western dei separatismi e delle tensioni etniche americane di Charlier e Giraud
Nel dopoguerra il fumetto francofono era dominato da due riviste, “Spirou” e “Tintin”. Entrambe belghe, erano eponime degli eroi di maggior successo che ospitavano tra le loro pagine. Mentre “Spirou” era pubblicata dalla casa editrice belga Dupuis sia in Belgio che in Francia, “Tintin” veniva saldamente tenuta in patria da Hergé come membro indipendente delle edizioni belghe Le Lombard e lasciata alla francese Dargaud solo per la distribuzione Oltralpe. Quest’ultima si trovava quindi in una posizione scomoda nel ricco mercato della bande dessinée, stretta fra la legge francese di censura dei fumetti del 1949 e la posizione dominante della rivale Dupuis. Per questo motivo decise di rinforzare i propri orizzonti editoriali.
Nel 1959 diversi autori talentuosi si erano nel frattempo uniti per fondare la rivista “Pilote”, pubblicando tra gli altri il promettente primo episodio di “Asterix il gallico” di René Goscinny e Albert Uderzo. Essere bravi fumettisti non vuol dire però saper condurre un business e l’anno dopo Georges Dargaud rilevò il giornale.
È in questo contesto di grande concorrenza fra case editrici di fumetti che si incontrano nel 1963 le vite professionali dello sceneggiatore belga Jean-Michel Charlier e del disegnatore francese Jean Giraud. Il primo è uno sceneggiatore già affermato per aver scritto su “Spirou” le avventure dell’aviatore Buck Danny e un suo recente viaggio negli Stati Uniti l’ha avvicinato al tema dei nativi americani, ripreso in quel periodo anche da numerose pellicole hollywoodiane. Il secondo è invece un talentuoso matitista della periferia parigina che l’anno precedente è stato assistente del poliedrico fumettista Jijé (nom de plume di Joseph Gillain). Quest’ultimo non ha dubbi a consigliare il suo protetto al prolifico Charlier.
Pressati dalla redazione di “Pilote”, alla ricerca di una nuova serie che intercetti i gusti del pubblico, i tre si mettono così al lavoro su un western di tipo moderno e filo-amerindi. Scelgono come protagonista un sudista scappato al Nord perché disconosciuto dalla sua ricca famiglia di schiavisti e che improvvisa il suo nuovo nome mentre sta per essere catturato da una pattuglia yankee vicino a un cespuglio di mirtilli: così il fuggiasco Mike Steve Donovan diviene Blueberry (“mirtillo” in inglese), arruolandosi nell’esercito di Washington.
Sprezzante ai limiti del cinismo ma simpatetico verso la causa degli ultimi, Blueberry viene modellato come incrocio tra gli attori Jean-Paul Belmondo e Charles Bronson. In breve tempo riscuote un tale favore di pubblico da indurre alla creazione di serie parallele dedicate alla sua giovinezza, alla sua vita civile e alla sua carriera militare. Un trionfo editoriale che si deve alle ricche sceneggiature di Charlier (nomen omen) nonché all’abile tratto di Giraud, capace di bilanciare disegni molto dettagliati con campiture neutre che, pur arricchendone l’impatto, prevengono la stanchezza visiva del lettore. Una competenza grafica che lo porterà in breve tempo a firmare, sotto lo pseudonimo di Mœbius, pagine importantissime della storia del fumetto francese.
di Camillo Bosco
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Tag: fumetti, recensioni
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