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Delude Valhalla il nuovo episodio di Assassin’s Creed

Delude l’ultimo episodio della saga “Assassin’s Creed” ambientato fra Norvegia e Inghilterra dell’870 d.C: manca la narrazione sulla visione del mondo
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Tempo fa sono stato a Firenze. Era il 1478 e ho partecipato alla congiura dei Pazzi, la cospirazione ordita dalla famiglia di banchieri fiorentini Pazzi per stroncare l’egemonia dei Medici come governanti della Repubblica fiorentina. Mi sono goduto il Rinascimento italiano fra Firenze, Roma e Venezia, parlando con personaggi come Leonardo Da Vinci e Lorenzo de’ Medici. Poi sono stato nell’antico Egitto con Cleopatra e Giulio Cesare. Ho scalato e depredato la piramide di Cheope, navigato sul Nilo, fatto parkour sul faro d’Alessandria e da lì mi sono diretto verso la magnifica Grecia, sullo sfondo della Guerra del Peloponneso che vide fronteggiarsi Sparta e Atene. Ho navigato verso la splendida Mykonos nelle Cicladi e sono stato ad Atene, con la sua meravigliosa Acropoli. Ho conosciuto Socrate e Pericle durante il suo famoso discorso agli ateniesi, prima di recarmi al labirinto di Cnosso in cui mi sono scontrato con il Minotauro. Poi sono stato in Norvegia e in Inghilterra con i vichinghi. E qui è svanita la magia. Sto parlando di “Assassin’s Creed”, il franchise ambientato in varie epoche storiche in cui s’indossano i panni di un personaggio sempre diverso in base al periodo ma con un unico obiettivo: far trionfare l’ordine degli Assassini (che, al contrario di quello che si potrebbe pensare, sono i buoni). Storie incredibili che ti entrano dentro e ti fanno provare emozioni uniche, irripetibili e magnifiche in cui non sei spettatore ma protagonista. Una saga prodigiosa che però nella sua ultima versione – “Valhalla”, ambientata fra la Norvegia e l’Inghilterra attorno all’870 dopo Cristo – non mi ha dato soddisfazione. Mi sono chiesto perché. Dopo tutto è un bellissimo gioco di ultima generazione, graficamente straordinario e ne ho amato i precedenti. Poi ho capito. Poco sopra ho scritto di storie incredibili, che ti entrano dentro e ti fanno provare emozioni uniche e questa credo sia la chiave di tutto. L’essere umano si alimenta di storie e nella nostra parte di mondo ne abbiamo di strepitose. Cos’è l’impero romano se non una grande saga che nella nostra testa si compone di molteplici personaggi e ‘puntate’? Giulio Cesare, Cleopatra e Marco Antonio, gli imperatori ‘pazzi’ come Caligola o Nerone, gli incendi, i sacchi della città, i barbari, gli Unni, le oche del Campidoglio, Romolo e Remo. Sono tutte storie che compongono la base della cultura occidentale, il come siamo. E l’“Odissea”? Non è forse una gigantesca narrazione fra mito e realtà dalla quale traiamo i nostri archetipi, modi di dire e di pensare? Miliardi di persone sono figlie di queste storie, la nostra vita e la nostra cultura ne sono permeate. Per quanto la mitologia e la storia norrene siano affascinanti (Odino e Thor piacciono a tutti, anche se rientrano nella religione) non sono paragonabili come influenza e portata a Omero, all’antica Roma o al Rinascimento e questo ci porta al prossimo punto: una storia è la narrazione che descrive una serie di eventi, esperienze o avventure – reali o immaginarie – ed è un modo fondamentale con cui gli esseri umani insegnano e si esprimono, trasmettendo conoscenze, valori, tradizioni, visioni del mondo. A mio avviso in “Assassin’s Creed Valhalla” manca la narrazione sulla visione del mondo, esattamente come nel nostro Paese in questo particolare periodo storico: manca una narrazione comune nella quale credere e identificarsi. Siamo figli delle più grandi storie del mondo, ma sembra che ne siamo rimasti orfani. di Rudy Bandiera
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