Fantastici superproblemi
La fine della Seconda guerra mondiale fu un giorno infausto per i bilanci del fumetto statunitense. Ma in qualsiasi crisi, l’unione fa la forza.
Sebbene agognata e festeggiata, la fine della Seconda guerra mondiale fu un giorno infausto per i bilanci del fumetto Made in Usa. I patriottici fumettofili statunitensi avevano infatti trascorso il periodo bellico sprofondati nella lettura dei comic book e ora le avventure fantastiche e cartacee dei vari eroi antropomorfi, umani e sovrumani avevano esaurito il loro fascino per i lettori.
Se le strisce a fumetti potevano comunque contare sulle vendite dei quotidiani che le ospitavano, lo scoppio della pace aveva portato invece al tracollo delle milionarie vendite dei supereroi. Nel giro di un decennio quel mercato ipertrofico che contava centinaia di personaggi vide parecchio ridursi il suo spazio sui pavesi delle edicole. Gli editori s’ingegnarono allora per trovare soluzioni. Una di queste fu accorpare vari personaggi in un’unica uscita editoriale, utilizzando il serbatoio di acquirenti di ogni personaggio per ricavare numeri necessari al mantenimento di almeno una testata. La cosiddetta golden age dei supereroi (dorata per via delle vendite) aveva d’altra parte lasciato in dote perfino più proprietà intellettuali del necessario e anche i lettori approvarono il tentativo di regolare quel pandemonio. Così quando nel 1960 la DC Comics diede alle stampe la prima storia della “Justice League of America” la risposta del pubblico fu più che positiva.
Quel successo attirò l’attenzione dei concorrenti e fu allora che il 39enne Stanley Martin Lieber, più noto come Stan Lee, venne convocato nell’ufficio del presidente della Marvel Comics Martin Goodman. Nel 1961 Stan era un editor e uno sceneggiatore non del tutto convinto che il suo destino di fumettista dovesse proseguire. Il settore aveva interrotto la contrazione ma pareva tuttavia stagnante e l’introduzione del comics code – cioè il codice di autoregolamentazione istituito per rispondere alle accuse di corruzione della gioventù mosse dallo psicologo Fredric Wertham – sembrava aver compresso lo spazio creativo in maniera irreparabile; a molte testate era stata persino aggiunta la parola love a casaccio nel titolo per cercare di salvare il salvabile. La proposta di Goodman di creare un fumetto su un team di supereroi riuscì però a rinvigorire il suo interesse. «Stavolta avrei fatto il tipo di storia che mi sarebbe piaciuto leggere, con personaggi di carne e sangue, difetti e debolezze, fallibili e combattivi e soprattutto fragili dentro i loro colorati costumi da supereroi» ricorderà Stan Lee in un’intervista.
Insieme al disegnatore Jack Kirby (nato Jacob Kurtzberg), diede vita a un quartetto composto da persone mutate dai raggi cosmici in esseri sovrumani: l’elastico Mister Fantastic, la Donna Invisibile, la Torcia Umana e la Cosa. Soprattutto quest’ultimo, il cui vero nome è Ben Grimm, diventerà il più iconico rappresentante del gruppo: un supereroe invulnerabile trasformato in inumano e grottesco uomo di pietra, ma nonostante questo determinato a compiere il bene. Nel novembre 1961 i Fantastici Quattro divennero così il supergruppo che, grazie al successo di vendite, aprirà la strada alla filosofia di “supereroi con superproblemi” di Stan Lee e alla sua fulgida carriera di fumettista.
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