Fondazione Rovati, etruschi e mecenati nel cuore di Milano
Milano centro, esterno giorno. Se passate da corso Venezia 52 e – attratti da un edificio storico appena ristrutturato – avete la sfacciataggine di chiedere informazioni, così interrompendo il lavoro di una ragazza che sta armeggiando con molta attenzione attorno a una teca, otterrete un sorriso condito da una gentilissima ed esaustiva risposta. Solo dopo, forse, realizzerete che non è ‘soltanto’ una curatrice appassionata ma l’amministratore delegato di un paio di aziende (di cui una biotech) e che la teca è allarmata e blindata visti i preziosi e unici reperti che contiene, alcuni risalenti a 3mila anni fa.
Sui bastioni spagnoli è infatti stata aperta al pubblico la Fondazione Luigi Rovati, con un’operazione di mecenatismo di grande significato. I due figli dello scienziato-imprenditore della Rottapharm di Monza (Luca e Lucio, docente e ricercatore biotech) hanno deciso di farne un museo permanente sugli etruschi, passione del fondatore. Un luogo nel quale l’archeologia si unisce all’architettura e all’arte. Dall’antichità avvolta nel mistero al contemporaneo, insomma, con una hall pensata dall’architetto Mario Cucinella come una piazza che si apre alla città per dare continuità al Planetario Ulrico Hoepli, proprio di fronte, verso il giardino progettato da Marilena Baggio (specialista di architettura del benessere dalla cifra terapeutica). Lo spazio verde è concepito come ‘aperto’, di libero accesso per tutti i milanesi e non soltanto per i visitatori del museo.
Costruito nel 1871 dal principe di Piombino, il palazzo è appartenuto alle famiglie Bocconi e Rizzoli. Adesso i Rovati, dopo averlo acquistato, gli hanno ridato nuova vita quale sede della loro Fondazione. La struttura intende dialogare, sul piano espositivo, anche con una collezione di arte contemporanea nata dai conferimenti personali dei membri della famiglia. Seguendo l’esempio dei migliori benchmark stranieri, l’iniziativa ospita anche un ristorante stellato (dello chef Andrea Aprea), un bistrot, una casa editrice (Johan & Levi) e un merchandising raffinato.
Considerato tutto l’indotto, l’operazione ha una ricaduta complessiva di 80 milioni di euro, con oltre 500 posti di lavoro. L’intera organizzazione grava sulle spalle della nuora di Luigi Rovati, solare e determinata quanto poco incline all’ostentazione. Tratto e personalità che permeano l’intero ambiente, a partire dai locali della mostra. Non per niente, rifacendosi forse al famoso «Demarketing, yes demarketing» del guru Philip Kotler (pubblicato sull’“Harvard Business Review”), Giovanna Forlanelli ha saltato l’inaugurazione e offerto l’entrata gratis per tutto il primo mese. Questo non solo per understatement ma per inviare un segnale ai fan del “rito ambrosiano” che avrebbero magari preferito un ‘evento’ con inviti a numero chiuso. Che dire? Fedeltà alla propria cultura d’impresa, infusa nel Dna imprenditoriale dal fondatore, figlio di contadini e allievo (meritevole) del collegio Ghisleri di Pavia.
di Franco Vergnano
VOTO:
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
-
Tag: mostre, recensioni
Leggi anche