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“Jago into the white”, il Michelangelo contemporaneo al cinema

Del regista Luigi Pingitore, il docufilm Jago into the white sullo scultore italiano definito il Michelangelo contemporaneo, arriverà nelle sale italiane il 18 e 19 giugno

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Il Guardian lo ha definito ‘soltanto’ il nuovo Michelangelo della scultura contemporanea. Una descrizione ‘modesta’ che avrebbe gettato in crisi chiunque, soprattutto se hai solo 37 anni e una vocazione straordinaria per la scultura nell’attuale mondo automatizzato e serializzato, in cui l’arte sembra aver perso la sua aurea metafisica per divenire orbello.

Il nome di quel ragazzo è Jacopo Cardillo, in arte Jago, e un pezzetto della sua avventura plasmata nel marmo verrà presentata alla prossima edizione Tribeca Film Festival, tra i più importanti appuntamenti del cinema internazionale fondato a New York nel 2002 da Jane Rosenthal, Robert De Niro e Craig Hatkoff: “JAGO INTO THE WHITE” diretto dal regista e scrittore Luigi Pingitore.

Il film arriverà nelle sale italiane solo per due giorni, il 18 e 19 giugno, come primo evento della Stagione 2024 OFF della Grande Arte al Cinema di Nexo Digital in collaborazione con i media partner Radio CapitalMYMovies.it e con Abbonamento Musei.

Il regista si concentra su due anni precisi della vita di Jago culminanti nel trasferimento da New York a Napoli per lavorare, notte e giorno, ad una versione contemporanea e personale della Pietà all’interno della chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, in pieno rione Sanità. Ancora una volta, Jago resta fedele al suo obiettivo: rimanere fedele alle tecniche e alle forme del Rinascimento italiano ma permettendo loro di dialogare con il tempo presente. In una parola, trasformando il marmo in arte e l’arte in simbolo.

Jago impone con determinazione la sua idea di artista contemporaneo: non più un genio ribelle, dedito alla sua arte in completa solitudine, ma un imprenditore attento e meticoloso, naturalmente predisposto ad aprire le porte del suo studio per trovare, attraverso gli occhi degli spettatori, nuove ispirazioni. È per questo motivo che il marmo utilizzato per la Pietà, ancora nella sua forma originaria, viene esposto ai curiosi diventando lavagna per pensieri di incoraggiamento o pure riflessioni. Così come, per la stessa ragione, Jago inviterà e farà picconare il suo marmo ad alcuni adolescenti (per far comprendere profondamente il senso di quel gesto) che avevano filmato e condiviso sui propri social il deturpamento di un’altra sua opera simbolo di quel periodo post pandemico, “Look down”, posta al centro di Piazza Plebiscito come invito a guardare in basso, verso gli ultimi, verso i più fragili.

Una sorta di pietas moderna, esempio perfetto della figura di Jago, più volte criticato per il l’uso eccessivo dei social come forma di auto-rappresentazione quasi narcisistica. Jago chiarisce questo aspetto nel film puntando sul concetto dell’artepreneur, l’artista moderno che comunica con il mondo e non lo rifiuta, coinvolgendo gli spettatori dal puro marmo alla creazione utilizzando gli strumenti contemporanei. Dimostrando, con risultati eccellenti, che si può essere artista, comunicatore e, perché no, pop star.

“Jago into the white” offre una nuova interpretazione su cosa sia l’arte, specialmente oggi, e come si possa equilibrarla alle dinamiche manageriali contemporanee. Spiega lo stesso Jago: “Il grande merito è dei miei genitori, che mi hanno spinto verso i grandi maestri dell’arte attraverso l’umanizzazione, mostrandomi il bambino che c’è dietro anziché il genio. Provando in questo modo a farmi capire che potevo anche io essere quel bambino e, attraverso lo sguardo dei loro passi, imparare a trovare i miei”.

di Raffaela Mercurio

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