Negli Stati Uniti il joker entrò nel mondo delle carte da gioco nella seconda metà del XIX secolo, proprio quando gli yankee del Nord si scambiavano pallottole contro i dixie del Sud. Fra una battaglia e l’altra i soldati si giocavano infatti la paga a eurcre (pronunciato iuchèr), una sorta di briscola contrattata in cui l’imprevedibilità del jolly scompagina anche le tattiche dei più sagaci. Se Shakespeare aveva reso le franche burle d’un giullare l’unica voce della ragione nella tragedia di re Lear, furono invece i divertissement dei militari traumatizzati a sancire la celebrità moderna di una maschera medievale ormai scomparsa. Tant’è che la fama di questa “carta matta” invase presto ogni mazzo di gioco, fondendo la satira del comico di corte con l’enigmatica malevolenza dei trickster presenti in ogni cultura.
Però di tutto questo forse Bill Finger, Bob Kane e Jerry Robinson non avevano la più pallida idea quando crearono il personaggio del Joker, dato che spesso le idee migliori nascono da suggestioni casuali. Finger sarebbe rimasto impressionato dalla recitazione dell’attore Conrad Veidt nel film “L’uomo che ride”, melodramma muto di cappa e spada tratto dall’omonimo romanzo di Victor Hugo che racconta la vendetta del suo nobile protagonista, sfigurato ancora bimbo per ordine del re di Francia in modo tale che la sua espressione facciale restasse fissata in una grottesca risata. La regia dell’espressionista Paul Leni aveva donato una forte carica horror alla pellicola e Finger – alla continua ricerca di nuovi avversari per il suo Batman – portò in studio una foto dell’inquietante sorriso di Veidt. Robinson, talentuoso disegnatore assistente, s’innamorò subito del concept e disegnò la carta – appunto un joker – con cui questo nemico avrebbe firmato le sue malefatte.
L’arci-nemesi del Cavaliere oscuro apparve per la prima volta sul primo numero della nuova testata “Batman”, che dall’aprile del 1940 ereditò il successo sviluppatosi in precedenza grazie alla pubblicazioni delle storie dell’uomo pipistrello sulla rivista a fumetti “Detective Comics”. Vestito di verde e viola, col viso bianchissimo e i capelli anch’essi verdi, questo nuovo villain sembrava davvero essere uscito da un mazzo di carte. Uccideva inoltre con un gas esilarante che infliggeva alle sue vittime un sorriso identico a quello del loro carnefice, irridendo gli sforzi dell’eroe per catturarlo. Per integrità creativa Finger avrebbe voluto ucciderlo alla fine dell’episodio, nel timore di far apparire Batman inetto nel combattere il crimine. Tuttavia fortuna volle che l’editor della casa editrice National (oggi DC Comics) Whitney Ellsworth annusò il potenziale fumettistico del Joker e decise di aggiungere d’imperio una pagina finale – degna del più sgangherato feuilleton – in cui il ridanciano cattivo si salva dalla coltellata mortale che ha ricevuto.
Un’intuizione fortunata, che porterà il malvagio ad apparire in quasi tutti gli albi successivi, affermandosi nei decenni come uno dei cattivi più iconici del fumetto di ogni tempo.
Di Camillo Bosco
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