Il mattone di Krazy Kat
In Krazy Kat c’è tutta l’assurdità dei desideri umani nell’amore di un gatto verso un topo, un archetipo della complessità delle relazioni
Può un gatto amare un topo? Siamo abituati a storie in cui i felini sono presentati quali predatori supremi, contrariamente ai pelosi poltroni che occupano le nostre case. Tom insegue Jerry, Silvestro tende agguati a Titti e nessuna lasagna sopravvive a Garfield, per citarne tre fra i tanti. Al di là della loro percentuale di vittorie è comunque chiaro come la radicata popolarità dei gatti nella nostra società derivi dal talento nel cacciare chi ci mangiava il grano, cioè i topi. E se con l’urbanizzazione i mici hanno certo perso qualcosa dell’aura sacrale di cui godevano in Egitto, agli inizi del XX secolo la loro funzione derattizzante era ancora apprezzata nelle caotiche vie di New York.
Nel 1910 George Joseph Herriman III si trova al suo secondo tentativo nella Grande Mela. Ha provato a sfondare già una volta come vignettista nella sua città di residenza (Los Angeles) e ancor prima sui giornali newyorkesi, ma non ha mai trovato l’occasione giusta. Stavolta a chiamarlo è stato il caporedattore dello sport del “New York Evening Journal” per coprire l’assenza di un altro vignettista, l’affermato Tad Dorgan, mandato a coprire la ‘sfida del secolo’ fra i pugili Jack Johnson e Jim Jeffries. Il suono del campanello sul ring dei due colossi segna quindi anche la ripresa della carriera di Herriman, che per il “Journal” inventa le storie di una famiglia che chiama Dingbat. I testi non sono memorabili e il tratto dell’autore continua a essere lontano dalla perizia dei suoi colleghi più virtuosi, ma caso vuole che per la sostituzione debba produrre delle vignette dalla forma inconsueta. Il ‘buco’ lasciatogli dagli impaginatori non è infatti ben bilanciato fra base e altezza, col risultato di creare troppo spazio sotto i personaggi.
Herriman ha allora l’idea d’inserire una scena assai comune nelle case dei suoi nuovi concittadini: quella di un gatto che insegue un topo. Nata come semplice espediente riempipagina, la caccia di Krazy (matto, in inglese) al topo Ignatz diventa in breve tempo il punto di forza comico della serie. Un successo in due fasi: il primo quando il roditore respinge l’assalto del predatore tirandogli un mattone in testa; il secondo – un mese dopo – quando Krazy trova il topo dormiente ma, al posto di mangiarlo, se lo bacia. Lo schiocco risveglia Ignatz, che però pensa di aver sognato di essere stato baciato da un angelo. La confessione del roditore commuove così il gatto, facendolo innamorare perdutamente.
Straniti e divertiti da questa strana coppia, i lettori chiedono alla rubrica di posta del quotidiano via via sempre più informazioni sui due personaggi – anche se Herriman non stabilirà mai il sesso di Krazy – che nel mentre iniziano ad avere vita propria rispetto ai Dingbat stessi (la cui striscia viene chiusa nel 1917). Si sviluppa così la dinamica di un amore impossibile in cui ogni profferta sentimentale gattesca trova risposta in un’inesorabile mattonata, interpretata ogni volta dallo spasimante come un gesto affettuoso. Una metafora dell’inconciliabilità dei desideri umani tanto efficace che il successo di Ignatz e Krazy Kat continuerà fino alla morte dell’autore nel 1944. Restando un archetipo della complessità delle relazioni amorose ancora ben vivo ai giorni nostri.
di Camillo Bosco
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