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“May December” di Todd Haynes

“May December” di Todd Haynes è arrivato nelle sale italiane: dalla cronaca al riadattamento, non convince del tutto

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Sentimenti incerti, manipolazione e una relazione non convenzionale. Un film su un film, tratto una storia vera. “May December”, decimo lavoro del regista californiano Todd Haynes, arriva in Italia con molti mesi di ritardo.

Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2023, era stato candidato agli Oscar per la migliore sceneggiatura originale, firmata dalla casting director Samy Burch per la prima volta alle prese con la scrittura di un lungometraggio. Dallo scorso maggio Netflix ne ha acquisito i diritti.

La trama è liberamente ispirata a un caso di cronaca che durante gli anni Novanta è stato su tutti i quotidiani, i tabloid e I notiziari scandalistici statunitensi. Quello di Mary Kay Letourneau, docente 35enne condannata a sette anni di carcere per aver avuto rapporti sessuali con il suo alunno appena 13enne Vili Fualaau. I due si sposarono, ebbero due figlie e rimasero insieme per circa vent’anni.

Dalla realtà al libero riadattamento: Elizabeth Berry (Natalie Portman) è una giovane attrice hollywoodiana. È diretta in Georgia per conoscere, indagare ed entrare a fondo nella vita di Gracie Atherton-Yoo (Julianne Moore), finita su tutti i giornali per la sua relazione con Joe Yoo (Charles Melton), un ragazzo molto più giovane di lei. Elizabeth – tra momenti di complicità e imbarazzo – diventerà per breve tempo una di famiglia. Proprio la giovane attrice ha ottenuto una parte in cui sarà la protagonista del film in cui interpreterà la vita di Gracie, nel momento in cui inizia la scandalosa frequentazione con Joe.

Nella trama sono intrecciati (o vorrebbero esserlo) più fili: quello etnico (forse), quello della difficoltà di comprendere i ruoli tra vittima e carnefice, quello dello squilibrio di un amore tra due persone con diversi status, in cui uno dei due è oltretutto un adolescente. Tematiche che possono ricordare quelle care a Woody Allen o a Pedro Almodóvar, ma trattate qui senza quella magica sospensione morale.

Nelle circa due ore di pellicola rimangono invece tiepide, sospese, in definitiva non trattate. Anche se attrici e attori recitano in modo eccellente, la psicologia dei personaggi – che dovrebbe essere elemento centrale – viene a tratti banalizzata e standardizzata. Il film (il quinto in cui Julianne Moore è diretta da Haynes) ha un registro bipolare: dal dramma alla commedia. Più che romantico o psicologico, sembra investigativo.

La parte più seria e drammatica rimane fredda ed è aiutata soprattutto da un tema musicale ricorrente (una melodia sui tasti gravi del pianoforte) e da evocative immagini di fiori e insetti. La commedia invece risulta onesta, godibile e più coinvolgente. Ma tutto sommato emoziona meno di quanto avrebbe potuto.

di Edoardo Iacolucci

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