“Orlando: Le forme dell’Amore”, il nuovo album del Banco del Mutuo Soccorso
La band, a 50 anni dall’uscita del primo album, torna con il nuovo disco “Orlando: le forme dell’amore” ispirato ai protagonisti dell’Orlando Furioso. Dentro c’è l’Ariosto, c’è l’indimenticato Francesco Di Giacomo, c’è una passione viscerale per la musica. Le tappe del tour.
A 50 anni dal “Salvadanaio”, il primo celebre disco della band, il Banco del Mutuo Soccorso arriva con un nuovo atteso concept album: “Orlando: Le forme dell’Amore”. Mezzo secolo dopo quel fortunato esordio, la musica del gruppo romano decide di ripartire dal primo brano di quel disco, “In volo”, nei cui versi venivano evocati proprio Astolfo e il suo Ippogrifo e che nel nuovo progetto diventano i protagonisti centrali, così come lo sono nell’ “Orlando Furioso” di Ariosto.
“Orlando: le Forme dell’Amore” è un concept album, in uscita domani 23 settembre, sul più prode dei Paladini, che per salvare l’amata (che poi lo respinse) non poté aiutare i propri compagni d’armi attaccati dal nemico.
“Approcciarsi ad un così vasto materiale non è stata impresa semplice – ha spiegato Vittorio Nocenzi, leader e fondatore del Banco – ma andava praticata una scelta senza paura. L’Ariosto stesso, per scrivere il suo Orlando furioso, si era liberamente ispirato all’opera di un altro poeta che, prima di lui, aveva scritto sullo stesso argomento. Roba da far sembrare il Furioso un vero e proprio sequel, diremmo oggi! Mi riferisco all’ “Orlando innamorato” del Boiardo. Allo stesso modo, anche noi abbiamo sentito il bisogno di aggiungere qualche circostanza narrativa, a patto che tutto funzionasse poeticamente ed emotivamente”.
La genesi di questo progetto musicale è da ricercarsi nel lontano 2013, quando Vittorio e il compianto Francesco Di Giacomo, voce e cofondatore della band, scomparso nel 2014, si sono ritrovati in studio con il figlio di Vittorio, Michelangelo. Da quell’incontro e da alcune note suonate al pianoforte da quest’ultimo nacque l’idea, poi abbandonata per la morte di Francesco.
La spinta a rimettere la testa sul progetto è arrivata grazie al pubblico, “e perché dentro quella musica continuasse a vivere chi ora non è più: Francesco e Rodolfo”. Il risultato è un disco monumentale di 15 tracce che, come vuole la più pura tradizione prog rock, tratteggiano atmosfere dall’impianto orchestrale d’ampio respiro, a ritmi rock-blues, sincopati e travolgenti, taglienti.
La musica descrive a pieno ciò che il testo o la vicenda racconta, anche grazie alla scelta di sposare una composizione di tipo monodico: ogni singola parola ha per sé una nota della melodia. Un approccio che ha saputo così evocare liberamente delle cadenze arcaiche nella voce, proprio per ricordare quel mondo da cui ebbe origine la tradizione dei trovatori e dei menestrelli europei.
Ma sono numerosi gli esempi nel disco che potrebbero testimoniare al meglio questa sinergia. Basti pensare a come la musica muti a seconda dei protagonisti in scena: arabi con sitar e percussioni etniche, guerrieri occidentali con la musica sinfonica, timpani e fiati.
La scelta di musicare un poema di oltre 500 anni è figlia della consapevolezza della insospettabile modernità della storia raccontata da Ariosto. Partendo da essa e rileggendo le vicende a mo’ di metafora, come tradizione del Banco, la band ha potuto affidare alle canzoni tematiche importanti: dall’emergenza climatica alla violenza sulle donne, fino alle tensioni tra oriente ed occidente. E se molti di questi elementi potrebbero sembrare tradizionali per quanto concerne una scrittura di stampo progressive, non si può dire lo stesso del sound generale del disco che sa dosare elementi del passato con approcci più moderni, quasi a testimoniare la nascita di un nuovo ramo del genere. Una scelta mirata figlia di un grande lavoro della band, composta da musicisti di prim’ordine a fianco di Vittorio: dalla potente sezione ritmica di Capozi-Moresco, fino alle chitarre di Marcheggiani-Di già. Ultimo, ma non per importanza, la voce di Tony d’Alessio, capace di raccogliere un’eredità pesante come quella di Francesco senza cadere nel citazionismo, sapendo essere potente là dove serve, flebile ed espressiva al punto giusto.
Non mancano note più romantiche in questi 80 minuti di musica e parole, come il brano “L’amore accade”, un vero e proprio tango che si spegne in un Valzer lento all’inglese, che rappresenta anche una prima volta importante per la storia del gruppo: è la prima canzone nella storia del Banco ad esser cantata da una donna, Viola Nocenzi, figlia di Vittorio.
L’artwork del disco rappresenta una luna che emerge dal salvadanaio: “Quando cinquant’anni fa ci fu proposta l’idea del salvadanaio per il nostro primo album ci piacque tanto, perché lì dentro ci finiscono le cose più preziose. Per noi – racconta Nocenzi – la cosa più preziosa era la nostra musica. Con l’album “Transiberiana”, uscito nel 2019, ci abbiamo messo la Terra e con l’”Orlando” la luna. Ora sì, ci abbiamo messo tutto!”.
In occasione dell’uscita del nuovo album, la band partirà per un tour che debutterà a Ferrara il 15 ottobre – non a caso città corte degli Este per cui Ariosto lavorava – e toccherà diverse città italiane: da Brindisi a Firenze, fino a Palermo Roma e Catania.
Tra le varie date spicca quella al Teatro Del Verme di Milano del 23 novembre, all’interno della programmazione della Milano Music Week nell’ambito del progetto Italian Prog Rewind.
di Federico Arduini
4.5
VOTO:
Un disco da ascoltare: imprescindibile se si è fan della band, da scoprire se non si è avvezzi al genere.
Un disco monumentale di 15 tracce che travalica il genere Progressive per spingersi oltre, in direzione di qualcosa di nuovo, pur mantenendo intatte le caratteristiche del suono della band.
Unica nota negativa – se così si può definire – è la durata di 80 minuti: un pò tanti per chi dovesse approcciarvisi da neofita.
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