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I Rolling Stones infiammano San Siro: gli eterni sciamani del rock

16 anni dopo, i Rolling Stones tornano a San Siro con uno show incredibile. La verità è che fanno un altro mestiere rispetto a tutti gli altri.
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Sono da poco passate le 21 a Milano e i quasi 60000 di San Siro son in trepidante attesa. C’è chi beve dell’acqua, chi scalda la voce e chi, senza sapere perché, già balla. L’energia nell’aria è tale che si sprigiona in una Ola collettiva che parte dal terzo anello verde per finire al blu, coinvolgendo più volte tutto il pubblico sugli spalti. Uno spettacolo nello spettacolo. Poi, d’un tratto, s’accendono le luci e un urlo collettivo, che fa tremare le fondamenta del Meazza, annuncia l’inizio del concerto più atteso dell’estate italiana: i Rolling Stones sono tornati a San Siro. Ci si chiede spesso come sia possibile che alla loro età e dopo 60 anni di carriera siano ancora sulla cresta dell’onda, quasi li si accusa di togliere spazio ai giovani. La verità è che quei tre signori fanno letteralmente un altro mestiere. Pur orfani di Charlie Wats, ricordato a inizio show, gli Stones sembrano alimentati da un fuoco sacro, da qualcosa di intangibile ma i cui effetti sono evidenti: nel ruggito delle chitarre, nell’eterna voce di Jagger – in una forma smagliante nonostante abbia smaltito il Covid da neanche una settimana – nell’urlo del pubblico. In tanti concerti a San Siro, mai assistito a nulla del genere. Se Bruce Springsteen tiene la messa rock più grande, gli Stones ne sono gli eterni sciamani. 19 brani per quasi due ore e mezza di concerto in cui il tempo è sembrato riavvolgersi e slanciarsi in una corsa tra capolavori indiscussi, da Wild Horses a Miss You, fino all’incredibile finale di 6 perle, aperto da Start me Up e chiuso da Satisfaction. Tra gli smartphone levati in aria per immortalare il momento, più di uno ha come sfondo un giovane Mick Jagger. Solo osservando una di quelle foto è stato possibile a chi scrive ricordare che quell’uomo ha 78 anni. Perché a vederlo sul palco saltare, ballare e correre per tutta la durata dello show, qualche dubbio su di una provenienza aliena potrebbe venire. La realtà è che Jagger incarna l’esempio perfetto di quando il talento smisurato incontra l’amore per l’arte e l’abnegazione totale ad essa, insieme ad un tale livello di professionalità da far si che si si sia rivolto al pubblico per tutta la serata in un italiano da far fiera l’Accademia della Crusca. E il duo Richards-Woods non è stato di certo da meno, motori trainanti del sound del gruppo, anche loro travolgenti. Di Federico Arduini
5

VOTO:

Presenza scenica senza pari, canzoni eterne e un inestinguibile fuoco sacro ad alimentarli

Il tempo: si sperava non finisse mai!

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