Wolverine il ghiottone
L’icona mondiale del supereroe dannato rischiò di essere una volverina antropomorfa. La storia di Wolverine
Ghiottone non è proprio un nome temibile né la prima scelta per appellare un supereroe. Suona un po’ meglio volverina, suo sinonimo per indicare il Gulo gulo Linnaeus: un animale che appare come un ibrido tra l’orso e la mangusta e diffuso nel Nord del mondo (tra Canada, Russia e Paesi Scandinavi). In inglese ha un nome un po’ più aggressivo – Wolverine – ed è infatti con questo che è diventato famoso nel mondo del fumetto statunitense.
La sua creazione si deve all’editor capo della Marvel negli anni Settanta, Roy Thomas, che chiese allo scrittore Len Wein un supereroe canadese tozzo e aggressivo come la volverina diffusa da quelle parti. Nella scelta, il mustelide sarà certo parso più allettante di un alce o di una foglia d’acero per rappresentare un combattente sovrumano proveniente dal profondo Nord. La caratterizzazione grafica del personaggio invece fu affidata a John Romita padre, un maestro indiscusso che a quell’epoca aveva già furoreggiato disegnando i fumetti dei Vendicatori e di Daredevil fino a consacrarsi come erede di Steve Ditko sulla testata di Spider-Man. Proprio a Romita padre si deve l’invenzione degli iconici artigli retrattili di Wolverine, preoccupato com’era dell’impaccio che lunghi artigli sempre visibili avrebbero creato al personaggio. Nacque così l’iconico snikt, cioè la tipica onomatopea che indica il momento in cui l’eroe sfodera le lame affilate che porta celate dentro il suo braccio per prepararsi all’attacco.
Sarà però il disegnatore Herb Trimpe, autore sulla testata “The Incredible Hulk” a fornire la prima realizzazione grafica di Wolverine su una pagina stampata. Il personaggio era stato infatti richiesto non come vero e proprio eroe, ma come nemico di Hulk e così appare nell’ultima pagina del numero 180 della serie sul gigante verde. Nel finale Hulk sta affrontando il nemico di turno – in questo caso una sorta di uomo-yeti dal manto bianco chiamato Wendigo – quando, alle spalle dei due, una voce annuncia che è arrivato un nuovo combattente. Chiamato nella didascalia anche Weapon X, Wolverine stesso invita la montagna verde di muscoli a «provare la sua fortuna» scontrandosi contro di lui, un nuovo arrivato che sembra uscito da un incontro di luchadores. Sfoggia infatti una tuta gialla e nera dai vaghi tratti africani, con tanto di cinturone lombare da forzuto e guanti e stivali blu, secondo una scelta di design coraggiosa che si dimostrerà vincente per il pubblico del 1974.
Dopo questo assaggio, nel numero successivo avverrà il combattimento vero e proprio nel quale i disegni di Trimpe e i dialoghi di Wein creeranno intorno a questo personaggio un alone di mistero: trasparirà soltanto che è un agente del governo canadese in grado di lottare davvero alla pari col possente Hulk. Che in origine dovesse essere una volverina antropomorfa rimarrà invece solo nei documenti redazionali, per fortuna.
Dato il successo, la redazione Marvel incaricherà quindi Wein di inserirlo l’anno dopo nella super squadra del professor Xavier nell’albo “Giant Size X-Men #1”. Sarà così il disegnatore Dave Cockrum a dare la forma definitiva alla maschera di Wolverine e a svelarne il viso smascherato (ora del tutto umano), cristallizzando l’aspetto di uno dei più iconici anti-eroi della Marvel.
di Camillo Bosco
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Tag: fumetti, recensioni
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