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Europee

Europee e paradossi italiani

Non possiamo avere alcuna idea delle esatte percentuali che usciranno dalle urne dei prossimi 8 e 9 giugno alle elezioni europee

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Non possiamo avere alcuna idea delle esatte percentuali che usciranno dalle urne dei prossimi 8 e 9 giugno alle elezioni europee

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Non possiamo avere alcuna idea delle esatte percentuali che usciranno dalle urne dei prossimi 8 e 9 giugno alle elezioni europee

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Non possiamo avere alcuna idea delle esatte percentuali che usciranno dalle urne dei prossimi 8 e 9 giugno alle elezioni europee

Non possiamo avere alcuna idea delle esatte percentuali che usciranno dalle urne dei prossimi 8 e 9 giugno alle elezioni europee. Per grandi linee, a meno di clamorosi stravolgimenti di tutti i sondaggi a nostra disposizione, gli equilibri generali sono invece più che prevedibili e regalano due gustosi paradossi incrociati.

Il primo: è estremamente arduo immaginare che Fratelli d’Italia della presidente del Consiglio Giorgia Meloni non stacchi tutti, avversari e alleati, imponendo distanze che potranno essere variamente commentate, sminuzzate e osservate al microscopio ma che in ogni caso certificheranno una realtà politica consolidata. Per il momento s’intende, ma davanti alla quale le sfilacciate, litigiose e variegate opposizioni risulteranno ben poco pericolose. Questo per banali calcoli aritmetici e soprattutto politici, stante la frizione quotidiana fra democratici e Movimento 5 Stelle e l’assoluta incomunicabilità di entrambi con il fantomatico ‘centro’. Tutto di diverso può sempre accadere e ogni previsione è per sua natura esposta ai mutevoli umori dell’elettorato, ma non si può sempre ragionare per ipotesi estreme.

Insomma, un quadro interno da sonni tranquilli per Giorgia Meloni, che però in Europa – in fin dei conti per quella andremo a votare, nonostante una campagna elettorale provinciale in modo sconfortante – rischia l’irrilevanza o, peggio, di finire invischiata nei paria politici. Lasciamo pure da parte i simil nazisti tedeschi di AfD mollati pure da Matteo Salvini, ma con Marie Le Pen e gli amici spagnoli di Vox nessuno vuole averci a che fare. Un bel problema per la leader di Fratelli d’Italia, a meno di scommettere su un’esplosione nelle urne dei partiti alla destra dei Popolari europei che costringa questi ultimi a rinnegare quanto sempre detto e a metterli in gioco. Ancora una volta, ipotesi che non si può escludere al 100%, ma che nessuna proiezione attualmente disponibile considera neppure lontanamente probabile. A Giorgia Meloni resterebbe così Ursula von der Leyen: la presidente della Commissione europea bellamente ignorata nell’ultimo rendez-vous con Vox ma con cui i rapporti sono stati intensi e proficui. Dopo la sarabanda elettorale potrebbero tornare anche molto utili, sempre che la von der Leyen riesca a sopravvivere a una diffidenza nei suoi confronti ormai debordante.

Sul fronte opposto, abbiamo già detto delle scarsissime prospettive che il Partito democratico sembra avere davanti a sé in Italia, stretto fra un’autosufficienza a oggi improponibile e alleanze del tutto ipotetiche. A Bruxelles i dem sono invece fra coloro che potrebbero dare le carte dopo le elezioni, cercando in seno ai Socialisti europei e al fianco dei Popolari una riedizione di quell’alleanza che storicamente ha avuto i numeri nell’Europarlamento e che è sempre riuscita a tener lontano dai grandi giochi della Commissione le ali estremiste d’Europa. Da una parte e dall’altra. Che un rilevante pezzo della maggioranza italiana – Forza Italia – faccia parte proprio di questo schema insieme al Pd è una di quelle stranezze solo apparenti proprie della politica a livello europeo.

Restano i paradossi incrociati di Fratelli d’Italia e Partito democratico, che dovrebbero indurre entrambi a una riflessione profonda sul modello politico da offrire agli elettori. Sarà essenzialmente una questione di coraggio, di capacità di andare oltre le rispettive comfort zone e i calcoli a breve respiro. Sacrificando qualche punto nei sondaggi oggi, per occupare domani quegli spazi al centro che consentirebbero tutt’altra capacità di manovra.

di Fulvio Giuliani

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