Altro mondo, altri regimi, ma sempre nessuna libertà
Nell’ultimo, leggendario, concerto dei Beatles sui tetti di Londra, John Lennon si affaccia, saluta e urla “pace nel mondo!”. 53 anni dopo siamo ancora lì.

Altro mondo, altri regimi, ma sempre nessuna libertà
Nell’ultimo, leggendario, concerto dei Beatles sui tetti di Londra, John Lennon si affaccia, saluta e urla “pace nel mondo!”. 53 anni dopo siamo ancora lì.
Altro mondo, altri regimi, ma sempre nessuna libertà
Nell’ultimo, leggendario, concerto dei Beatles sui tetti di Londra, John Lennon si affaccia, saluta e urla “pace nel mondo!”. 53 anni dopo siamo ancora lì.
AUTORE: Fulvio Giuliani
Mi sono imbattuto (è anche un consiglio) in Disney+ nel fluviale documentario Get Back sui Beatles. Curato dal regista de Il signore degli anelli Peter Jackson, Get Back è un lavoro monumentale che ripercorre le tre settimane che precedettero il leggendario, ultimo concerto dei quattro sul tetto della Apple Corps, in Savile Row a Londra.
Durante quell’incredibile live del 30 gennaio 1969 – che di fatto anticipò di poco meno di un anno e mezzo la fine del gruppo – a un certo punto si vede John Lennon affacciarsi per osservare divertito quanti si fossero raccolti incuriositi da quello che stava accadendo e salutare la gente urlando “pace nel mondo!“.
La scena colpisce perché, oltre a essere perfettamente in linea con il personaggio e ciò che rappresenterà per tutti gli anni ‘70 fino alla sua assurda morte, riporta in un istante all’era-Vietnam. Il conflitto nel sud-est asiatico stava cambiando la percezione del mondo agli occhi dei più giovani e non solo.
53 anni dopo, pur con protagonisti e circostanze completamente diversi, siamo ancora lì.
Senza paragoni insensati e improponibili, da Lady Gaga ai Måneskin, sino ai più nostrani “concertoni“, la musica urla “No la guerra“, “vaffa… Putin“, “Ucraina!“, sottolineando e bollando l’assurda tragedia scatenata dallo zar.
53 anni, un mondo per tanti aspetti irriconoscibile, icone che non ci sono più eppure scolpite nell’immaginario collettivo, ma siamo ancora qui a dover urlare “stop war“ da un palco.
Cosa ancora più dolorosa, da quella parte della fu ‘cortina di ferro’ chi non si è avvicinato all’Europa e abbracciato i decadenti Occidente e Unione (secondo gli immancabili giudizi dei dittatori di turno), su un palco non può dire proprio nulla. Non può dire nulla in assoluto.
Sono semplicemente passati da un regime a un altro, senza conoscere la democrazia. Conviene rifletterci, magari facendosi accompagnare da quella musica immortale.
di Fulvio Giuliani
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