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Lo stonato Infantino

Infantino ha parlato di un paradisiaco Qatar avviato sulla strada di una vorticosa evoluzione nel rispetto dei diritti umani (sic) e tirato fuori il classico coniglio dal cilindro
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Lo stonato Infantino

Infantino ha parlato di un paradisiaco Qatar avviato sulla strada di una vorticosa evoluzione nel rispetto dei diritti umani (sic) e tirato fuori il classico coniglio dal cilindro
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Infantino ha parlato di un paradisiaco Qatar avviato sulla strada di una vorticosa evoluzione nel rispetto dei diritti umani (sic) e tirato fuori il classico coniglio dal cilindro
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Infantino ha parlato di un paradisiaco Qatar avviato sulla strada di una vorticosa evoluzione nel rispetto dei diritti umani (sic) e tirato fuori il classico coniglio dal cilindro
Il Mondiale di calcio comincia. Ieri ne abbiamo scritto in prima, soffermandoci sulle inevitabili polemiche a scoppio “ritardatissimo“ (autocitazione). Polemiche allo stesso tempo sacrosante su principi non negoziabili – in teoria – e manifesto all’ipocrisia di chi se n’è accorto fuori tempo massimo e di chi sarebbe potuto intervenire un paio di lustri fa e non ho pensato minimamente di farlo. Ieri, ha parlato il presidente della Fifa Gianni Infantino, lanciandosi in una sgangherata difesa del Mondiale qatariota. Prima ancora di qualsiasi considerazione “alta“, un obbrobrio dal punto di vista strettamente agonistico, con i campionati spaccati a metà, preparazioni arrangiate, un’innaturale edizione invernale che farà felici le televisioni, ma mortifica l’aspetto tecnico-tattico. A meno di non far finta che una settimana di preparazione sia sufficiente a trasformare delle selezioni in squadre. Torniamo al nocciolo della questione: Infantino ha parlato di un paradisiaco Qatar avviato sulla strada di una vorticosa evoluzione nel rispetto dei diritti umani (sic) e tirato fuori il classico coniglio dal cilindro: l’Occidente e l’Europa troppo colpevoli, “con tutto quello che hanno combinato in 3000 anni per permettersi di dare lezioni di morale a chiunque”. Vecchia storia, caro Infantino, quella del vittimismo occidentale, per cui sarebbe sempre e in qualche modo colpa nostra. Di questa parte di mondo che, avendo partorito alcune delle peggiori infamie della storia umana, dovrebbe solo tacere. Peccato che, dopo la seconda guerra mondiale, sui temi dei diritti civili e delle minoranze, del rispetto di ogni diversità e dei sacri principi della libertà individuale la nostra evoluzione sia stata tumultuosa e impareggiabile. Mentre Infantino e tanti continuano a pensarla ipocritamente così – gente che non vede l’ora di ripetere come la giustificazione per gli obbrobri a cui assistiamo nel mondo siano sempre gli occidentali – proprio questa vituperata parte di mondo continua a essere vissuta come un faro da chi vive oppresso da dittature infami, regimi autocratici e ‘democrature’ tanto simpatiche anche a non pochi dei nostri connazionali. Piuttosto che cercare il modo di sollevare gli emiri qatarioti da qualsiasi fastidio, sarebbe stata gradita una parola coraggiosa sulla commovente lotta dei ragazzi iraniani. Dire che la Fifa non sia l’ONU è insopportabilmente pilatesco. Piuttosto che battute sulla birra negata negli stadi – pazienza – sarebbe stata utile una riflessione degna di questo nome su chi per costruire quegli stessi impianti ci ha rimesso la pelle. Imbarazzante il riferimento al fondo di risarcimento voluto dalla Fifa e inascoltabile l’attacco all’Europa che si permette di parlare, “mentre 26.000 migranti sono morti cercando di arrivare sulle nostre coste”. Parallelismo semplicemente vergognoso. Un’occasione persa da Infantino, anche banalmente per starsene zitto.   Di Fulvio Giuliani

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