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Digitalizzazione

Si fa presto a dire digitalizzazione

Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza l’Italia sembra finalmente investire nella direzione giusta: la digitalizzazione, sulla quale il nostro paese ha accumulato un forte ritardo.
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Si fa presto a dire digitalizzazione

Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza l’Italia sembra finalmente investire nella direzione giusta: la digitalizzazione, sulla quale il nostro paese ha accumulato un forte ritardo.
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Si fa presto a dire digitalizzazione

Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza l’Italia sembra finalmente investire nella direzione giusta: la digitalizzazione, sulla quale il nostro paese ha accumulato un forte ritardo.
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Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza l’Italia sembra finalmente investire nella direzione giusta: la digitalizzazione, sulla quale il nostro paese ha accumulato un forte ritardo.
L’Italia è la prima beneficiaria dei due strumenti del Next Generation Eu (Ngeu): il Dispositivo per la ripresa e resilienza (Rrf) e il Pacchetto di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa (React-Eu). Il Rrf vale 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, di cui 68,9 miliardi sono a fondo perduto. Per accedervi l’Italia ha presentato un piano di investimenti e riforme: il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), articolato in 6 missioni e 16 componenti. Le 6 missioni del Piano sono: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Il tutto raggruppato attorno a tre assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale. Fermiamoci sul primo di questi, vero motore della competitività, sul quale il nostro Paese ha accumulato un forte ritardo. Investire in tecnologie, infrastrutture e processi digitali è cruciale. Così facendo potremo aumentare la produttività, nostro problema endemico, nonché il tasso di innovazione, di occupazione, di accesso all’istruzione e alla cultura. Nell’indice Desi (Digital economy and society index 2020), siamo al 24° posto fra i 27 Stati membri dell’Ue. Per risalire la china gli investimenti si concentreranno sul raggiungere una connettività ad alta velocità in tutto il Paese, utilizzando le tecnologie avanzate attualmente disponibili (Fibra, FWA, 5G). Nella Pubblica amministrazione la strategia è cloud first e le parole chiave e-government, PagoPA, identità digitale (Spid e Cie), app IO, Fascicolo sanitario elettronico (Fse), telemedicina, cybersecurity. Il tutto affiancato da una robusta promozione e adeguamento delle competenze digitali, di rafforzamento degli istituti tecnici e delle lauree Stem. In pratica, investiremo 9,75 miliardi nella digitalizzazione della Pa, 23,89 miliardi nella digitalizzazione, innovazione e competitività dei sistemi produttivi, e 6,68 miliardi in turismo e cultura. Stiamo parlando di 40,32 miliardi ma se aggiungiamo la quota del React-Eu dedicata a questo capitolo e il fondo complementare arriviamo a 49,86 miliardi. Cinquanta miliardi! Un’occasione d’oro. Pensando che questi fondi e programmi li stanno gestendo Draghi, Franco e Colao ho fiducia, perché non bastano le risorse: ci vogliono le competenze e la capacità di programmare e gestire la complessità culturale, tecnica, finanziaria e organizzativa che sta dietro un transformation boost di questa portata. In cinque anni il volto dell’Italia potrebbe cambiare radicalmente e offrire allo specchio un’immagine finalmente moderna, ma con alle spalle la ricchezza della cultura, della storia e della bellezza che contraddistinguono il nostro Paese. di Francesco Orlando

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