Perché abbiamo sempre bisogno di un nemico? Perché l’informazione in Italia è costruita sull’assunto che si debba semplificare la realtà a livello (anzi sotto il livello) di sussidiario delle elementari, riducendo tutto a un “me contro te“?
Non c’è una data di inizio di questa debacle qualitativa, di questo cercare solo lo spettacolo. In televisione senza dubbio, ma non solo.
Sono ormai oltre due anni, fra la pandemia e poi la guerra d’aggressione russa in Ucraina che abbiamo toccato vette difficilmente eguagliabili di animosità, guerra verbale per bande, finzione sfruttata per i più bassi interessi di ascolto e cassetta. Il risultato è un dibattito regredito a livelli di pollaio, con la caccia al nemico. Il nemico del “popolo“, in questa lettura manichea e ridicola della realtà invariabilmente vessato e sfruttato.
Così, fra social, Tv e un pezzo mica da ridere della carta stampata, ci siamo dovuti sorbire mesi di riflessioni sulla ‘dittatura sanitaria’ e la fine della democrazia causata dal Green Pass e dai vaccini, per approdare alla vecchia, cara caccia al cattivone occidentale, quando Vladimir Putin ha deciso di azzannare l’Ucraina come un cane rabbioso.
Mesi e mesi di lettura della realtà semplificata oltre ogni limite sopportabile, senza alcuna remora e rimorso.
Se pensate che determinati personaggi oggi di moda siano il peggio che ci potesse capitare, è perché le emozioni violente della guerra ci hanno fatto dimenticare i guitti della pandemia, quel caravanserraglio che per mesi ha descritto il nostro Paese come un immenso gulag – citazione voluta – perché ci veniva data l’opportunità di vaccinarci e poter tornare a vivere.
Faccio questo mestiere e quindi so perfettamente quanto sia facile sbagliare, soprattutto davanti a fatti di elevatissima complessità, ma quello che lascia basiti è come ormai venga codificata l’idea di far spettacolo su qualsiasi cosa, guerra e morte compresa.
Stamattina mi sono imbattuto nell’intervista a una nota conduttrice televisiva, che è finalmente riuscita a battere la concorrenza grazie allo spazio dato a un soggetto incommentabile e che va tutta fiera del suo… share. Lo share, capite.
E chissene se per il suddetto si parla di bambini come fossero oggetti o si stravolge la realtà osando appellarsi a San Francesco (!).
Tanto, prendi le distanze con un’indifferente piroetta verbale e ti godi le curve degli ascolti. Il futuro del giornalismo.
di Fulvio Giuliani
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