Alleanze senza alleati. L’eterno ritorno di Silvio Berlusconi è utile per riflettere sull’agitarsi confuso delle alleanze, o presunte tali, di centrodestra e centrosinistra.
L’eterno ritorno di Silvio Berlusconi sulla scena ci è molto utile per ragionare, non tanto dei suoi destini politici relativamente interessanti se considerati di per sé, quanto dell’agitarsi confuso e speculare delle alleanze (o presunte tali) di centrodestra e centrosinistra.
Berlusconi gioca la sua partita, togliendosi qualche sfizio dopo i mesi in cui Salvini e Meloni si erano in qualche modo convinti di una progressiva irrilevanza dell’anziano leader. Un padre nobile da omaggiare, purché non ingombrasse. Silvio sogna il Quirinale, ignorando mugugni e occhi sgranati, ma nel frattempo àncora l’alleanza ai valori europeisti, moderati e liberali. Per far questo, si ripropone come unico possibile federatore. Berlusconi è troppo esperto per non sapere quanto risultino ostiche queste argomentazioni per i suoi alleati. Non a caso definiti «degli allievi», con un sorriso di soddisfazione stampato in volto che vale un programma politico. Il problema, a questo punto, è duplice: tanto per cominciare, i voti li hanno gli ‘allievi’, non il ‘professore’, mentre si dovrà pur decidere una buona volta dove collocare un’alleanza che si candida da anni alla guida del Paese invocando le elezioni. Almeno nella sua ala rimasta all’opposizione del governo Draghi. Governare, ma per fare cosa? Per portare l’Italia dove? Parliamo di scelte strategiche, come la posizione sul tema pensioni. Sulla gradualità di Quota 102 e 104, su cui argomentiamo di fianco, nessuno azzarderebbe si possa arrivare a una voce sola del centrodestra. Non un dettaglio.
Il centrosinistra, per meglio dire il Pd, ha stravinto le elezioni amministrative, ma la cosa non garantisce alcun automatismo in vista delle politiche. Per il momento, è sufficiente godersi la vittoria, il confuso agitarsi degli avversari e appiattirsi sulle posizioni di Mario Draghi. Far prendere a lui le decisioni, provando a intestarsele dopo. Per un po’ funzionerà, poi arriverà il momento delle scelte. Il Partito democratico è il fulcro della maggioranza, su questo non ci piove, ma qual è il progetto politico? Una riedizione nel III millennio dell’Ulivo o dell’Unione può mai essere la risposta al Paese di oggi? Sul serio Letta pensa – con la sua ‘larga alleanza’ – di sostituire Rifondazione comunista con ciò che resta del Movimento Cinque Stelle e lasciare un po’ di spazio a Calenda e Renzi, per interpretare l’anima liberal della coalizione? Avesse anche la macchina del tempo, il segretario del Pd si ritroverebbe con gli stessi vizi di fondo dell’alleanza avversaria: la solita accozzaglia indistinta, costruita per vincere le elezioni, senza sapere cosa fare dopo. Dopo le amministrative, le differenze a sinistra si vedono un po’ meno, ma è solo un effetto ottico.
di Fulvio Giuliani
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