Il Premio Paganini torna a un italiano
Il prestigioso Premio Paganini torna ad un italiano dopo 24 anni e l’Italia manca l’ennesima occasione di celebrare un successo artistico.
Il Premio Paganini torna a un italiano
Il prestigioso Premio Paganini torna ad un italiano dopo 24 anni e l’Italia manca l’ennesima occasione di celebrare un successo artistico.
Il Premio Paganini torna a un italiano
Il prestigioso Premio Paganini torna ad un italiano dopo 24 anni e l’Italia manca l’ennesima occasione di celebrare un successo artistico.
Il prestigioso Premio Paganini torna ad un italiano dopo 24 anni e l’Italia manca l’ennesima occasione di celebrare un successo artistico.
La 56ª edizione del Premio Paganini, il prestigioso concorso internazionale di violino che vede ogni anno gareggiare i migliori violinisti del mondo sotto i 34 anni, ha visto trionfare dopo 24 anni un italiano, Giuseppe Gibboni. E dispiace vedere come il nostro Paese abbia mancato un’occasione, l’ennesima, per celebrare un trionfo in ambito artistico. Poche sono state le pagine dedicate, poca la considerazione.
E pensare che il giovane non era ancora nato quando l’Italia si aggiudicava per l’ultima volta l’ambito premio: ha solo vent’anni, diciassette dei quali passati a suonare uno strumento ad arco. Nato in una famiglia in cui la musica è di casa – dai genitori alle sorelle, tutti musicisti – iniziò con il violoncello, seguendo il consiglio del padre ma, come raccontato subito dopo la vittoria, aveva già le idee molto chiare: «A mio padre dicevo: sì, suono il violoncello, però da grande sarò violinista».
E chissà se aveva già immaginato anche di raggiungere un traguardo così ambìto, che per un violinista equivale a tutti gli effetti a un oro olimpico. Grazie a una tecnica straordinaria e una totale padronanza dello strumento, Gibboni ha incantato il teatro Carlo Felice di Genova, città natale di Paganini e da sempre sede del concorso, con la sua lettura del “Concerto n. 1” del Maestro, accolta da un fragoroso applauso. Al contempo ha saputo dimostrare grande sensibilità interpretativa nell’esecuzione del “Concerto” di Cajkovskij, quasi a rispondere a chi in certi concorsi vede solo una gara di mera tecnica.
di Federico Arduini
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