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Chip Chip…

La ridotta offerta di chip ha messo in crisi intere filiere, che lo European Chips Act proverà ora a tamponare. Gli aiuti di Stato devono essere guardati con sospetto se annullano il vantaggio competitivo e danno vita a sciocchi nazionalismi; avranno un senso solo in una logica europea mossa da un comune obiettivo.
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Chip Chip…

La ridotta offerta di chip ha messo in crisi intere filiere, che lo European Chips Act proverà ora a tamponare. Gli aiuti di Stato devono essere guardati con sospetto se annullano il vantaggio competitivo e danno vita a sciocchi nazionalismi; avranno un senso solo in una logica europea mossa da un comune obiettivo.
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La ridotta offerta di chip ha messo in crisi intere filiere, che lo European Chips Act proverà ora a tamponare. Gli aiuti di Stato devono essere guardati con sospetto se annullano il vantaggio competitivo e danno vita a sciocchi nazionalismi; avranno un senso solo in una logica europea mossa da un comune obiettivo.
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La ridotta offerta di chip ha messo in crisi intere filiere, che lo European Chips Act proverà ora a tamponare. Gli aiuti di Stato devono essere guardati con sospetto se annullano il vantaggio competitivo e danno vita a sciocchi nazionalismi; avranno un senso solo in una logica europea mossa da un comune obiettivo.
Invece di restare alle tradizioni, facendo prima inutili battaglie di bandiera per poi issare il vessillo della lamentela, si presti molta attenzione alla partita dei chip, perché quella non è solo una (pur decisiva) partita economica, ma apre la strada a un ripensamento del mercato europeo e dei produttori europei. Quello urgente è un problema specifico: il Covid ha temporaneamente spezzato le catene produttive globali, provocando conseguenze in posti agli antipodi dei siti produttivi; in particolare la ridotta offerta di chip ha messo in crisi la crescita (post blocco) di intere filiere, compresa quella dell’automotive. Rimediare a questa dipendenza non è facile, perché i nostri chip hanno costi di produzione più alti; ergo ci avviamo ad autorizzare gli aiuti di Stato, vale a dire un finanziamento compensativo che diminuisca o annulli lo svantaggio competitivo. Tutto questo si troverà nello European Chips Act. Ma è solo un aspetto della questione, perché un simile approccio non modifica solo un dettaglio, ma la concezione stessa del mercato interno. La logica per cui sono proibiti gli aiuti di Stato è sana: evitare che utilizzando i soldi del contribuente si alteri il dispiegarsi della concorrenza, la selezione che questa comporta, diminuendo la libertà del consumatore e addossandogli il costo di baracconi fallimentari. Non solo nel formarsi di queste regole, ma nel loro concreto funzionamento ha pesato la presenza del Regno Unito, più liberale e mercatista di quanto non siano Paesi come il nostro, la Francia o la Germania, in cui le tentazioni stataliste sono ricorrenti. L’uscita degli inglesi e il venir meno di questa loro funzione dovrebbe, quindi, indurre a notevoli sospetti, prima di festeggiare la riammissione degli aiuti di Stato. E una vigile diffidenza è saggio mantenerla. Ma c’è un altro aspetto da tenere in considerazione, decisamente positivo e promettente: puntare ad avere un mercato interno non solo nell’interesse dei consumatori europei, ma anche quale base per far crescere grandi produttori europei. E se ci sono settori, come i chip, in cui la convenienza produttiva è altrove alimentata da aiuti di Stato allora ha senso, sia dal punto di vista economico che della propria indipendenza produttiva, non escludere quella possibilità. Dal mercato interno e dalle regole europee i consumatori hanno avuto enormi benefici. Checché ne dicano i nazionalisti e i protezionisti, sono state le deregolamentazioni a far crollare i prezzi di servizi come le telecomunicazioni o i viaggi aerei. Anche la cosa che fa sentire spiritosi e ficcanti quelli che non ne conoscono le origini, anche l’idea bislacca di misurare e calibrare i cetrioli, avendo cura di limitarne la curvatura, ha una radice a favore dei consumatori: standardizzare i prodotti già confezionati, in modo da favorire la concorrenza e il confronto dei prezzi (difatti nessuno è andato in giro per piazze e mercatini a misurar cetrioli). Tutto questo ha funzionato. Non c’è nulla di perfetto e ridere dell’ottusità burocratica è sempre buona cosa, ma ha funzionato. Deve funzionare anche dal lato della crescita produttiva, di modo che possano essere europei e più numerosi anche i giganti che competono nella globalizzazione. Non potranno essere tedeschi o francesi o italiani, ma potranno essere europei. Fin qui ciascuno è cresciuto anche grazie al mercato unico dei consumatori, ora gli aiuti di Stato non cancellino la conquista, ma s’indirizzino ai campioni produttivi. Questo, però, comporta un arduo cimento regolamentare, un serio negoziato affinché non si perdano i benefici fin qui accumulati, l’attenzione a che non si creino nuovi e pericolosi squilibri, capaci di innescare poi reazioni nazionaliste. Su questo si deve essere vigili, servendo a nulla attestarsi su italianità presunte che negano la sola italianità reale: quella delle esportazioni e di chi lavora nel mondo. L’antidoto agli sciocchi sovranismi consiste nell’affermare la sola sovranità vera e difendibile: quella europea. Il chip chip che s’ode ne sia la dimostrazione.   di Davide Giacalone

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