
Un discorso in perfetto stile mattarelliano – privo di apparenti scossoni – come d’abitudine per l’uomo, prima ancora che per il politico. Eppure ricco di riferimenti che – nella visione presidenziale – costituiscono una sorta di bussola per il Paese.
Ha colpito, tanto per cominciare, l’uso dell’aggettivo “folle“ per definire la guerra scatenata dalla Russia di Putin contro l’Ucraina. Nell’immensa fatica che dallo scorso 24 febbraio tutti facciamo per non scadere nell’uso e abuso di termini e aggettivi, per trovare immagini capaci di richiamare questa immane tragedia, spesso abbiamo fatto ricorso proprio alla definizione di “folle“. Averla sentita riecheggiare nelle parole del Capo dello Stato ci conforta nella scelta di campo, della quale – peraltro – mai abbiamo dubitato.
Come mai ha dubitato l’Italia, pure nel passaggio dal governo “tecnico“ e di larghissime intese di Mario Draghi a quello fortemente politico emerso dalle elezioni del 25 settembre, guidato da Giorgia Meloni. Dato, quello della continuità in politica estera, oggi considerato da molti scontato. Erroneamente.
E non scelto certo a caso da Sergio Mattarella come incipit del sul discorso.
Anche i riferimenti alle tasse, al lavoro, alla povertà, all’esigenza di lavorare per costruire opportunità sono tutti aghi della bussola quirinalizia. Non un’agenda, che non spetta al Colle quale sia la natura del governo, ma indicazioni generali che arrivano dove devono arrivare, senza giri di parole e senza maschere. Come la sottolineatura del risultato storico rappresentato dalla prima presidente del Consiglio donna della storia italiana. Qualcosa in più di un oggettivo e persino banale riconoscimento: il richiamo a un’evoluzione a cui “il Paese era già pronto“, tutt’altro che accessoria all’esito elettorale dello scorso settembre.
Un Presidente della Repubblica anche asciutto, nei 18 minuti di discorso, attento a mandare un forte invito a non disperdere i risultati ottenuti nella lotta alla pandemia. Quanto mai d’attualità, sull’onda delle notizie ‘cinesi’ degli ultimi giorni. Un appello a mantenere il sangue freddo e la barra dritta. Senza salti, né in avanti né all’indietro.
Di Fulvio Giuliani
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