Ecatombe Vodiane
Putin come mezzo delle sanguinose aspirazioni imperialiste della nobiltà moscovita
Ecatombe Vodiane
Putin come mezzo delle sanguinose aspirazioni imperialiste della nobiltà moscovita
Ecatombe Vodiane
Putin come mezzo delle sanguinose aspirazioni imperialiste della nobiltà moscovita
Putin come mezzo delle sanguinose aspirazioni imperialiste della nobiltà moscovita
Avdiïvka deve il suo poleonimo a un fondatore che la leggenda individua in un furbo fattore ucraino di nome Ovidio, in italiano suonerebbe quindi “Ovidia”. È sita a pochi chilometri a Ovest di Donec’k (il capoluogo del Donbas meridionale che i russi occupano dal 2014), tanto vicina che negli anni Settanta fu proposto di collegare le loro linee tranviarie. Al tram venne però preferito il treno e forse fu questa mancanza di stretta continuità urbana a salvarla dal dominio dei “separatisti”, attestando la linea di contatto dei belligeranti sull’autostrada M-04 tra le due città. Sebbene dal febbraio scorso le Z truppen siano riuscite a sfondare i trinceramenti giallazzurri nelle zone limitrofe, il territorio di Avdiïvka resiste con caparbietà a ogni tentativo di avanzata.
Come in altri punti del fronte, i fascisti russi si sono allora impegnati in una manovra di aggiramento a Sud della città. Così tra il 14 e il 15 gennaio una colonna meccanizzata zetista si è diretta presso un gruppo di case conosciuto come Vodiane, che in ucraino significa “Acquoso”. La zona è infatti ricca di piccoli stagni e riserve d’acqua utili all’agricoltura, prima che la guerra tornasse a devastarla. Non è dato sapere cos’abbia spinto il comando russo di questo settore a provare una sortita in pieno giorno, ma il risultato finale è stato ripreso con molta chiarezza dai droni giallazzurri. In un solo attacco sono andati distrutti ben 14 Bmp-1 e 2 carri armati russi, senza che sia stato conquistato un metro di terreno.
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Bmp sta per Boevaja Mašina Pekhoty, cioè Veicolo da combattimento per la fanteria, ed è il più diffuso blindato da trasporto dell’esercito di Mosca. Entrato in servizio nel 1966, è difeso da una corazza di acciaio laminato ed è armato con un cannone 2A28 Grom da 73 millimetri e con una mitragliatrice coassiale Pkt da 7,62 millimetri. Un equipaggiamento inutile a rispondere al violento fuoco d’artiglieria che ha fermato con estrema facilità l’avanzata della formazione. Su ogni mezzo potevano essere imbarcati fino a otto uomini e, se contiamo anche i tre dell’equipaggio dei Bmp e dei carri, in questo attacco fallito sono state coinvolte (e in gran parte sono perite) almeno 160 persone. Un numero notevole per un punto sulla mappa del Paese dei Girasoli di difficile individuazione anche per gli stessi ucraini e che fa meglio comprendere l’immensa fame d’uomini provocata dall’Operazione Z.
Nonostante lo stato disastroso dell’esercito del Cremlino e le dozzine di report su simili attacchi scriteriati, il popolo russo non vuole comunque abbandonare il suo leader. Come già i revanscisti tedeschi con Hitler, anche gli orgogliosi moscoviti vedono in Putin una scommessa credibile per restaurare la passata gloria. Chiamati con disprezzo malen’kaya moskovskaya rasa gospod (“piccola razza superiore di Mosca”) dai compatrioti assennati, poco importa loro se anche l’intera Ucraina dovrà riempirsi di carcasse carbonizzate di veicoli russi. Come i sedici che già costellano la steppa vicino Vodiane, così molti altri aspettano nei magazzini di essere guidati dai disperati sottoproletari della periferia dell’impero.
Di Camillo Bosco
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