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cicatrice alla francese

La cicatrice alla francese e la deriva degli smartphone

L’ultimo trend social è un tutorial che insegna come farsi una cicatrice falsa per assumere l’aspetto da duro della gang
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La cicatrice alla francese e la deriva degli smartphone

L’ultimo trend social è un tutorial che insegna come farsi una cicatrice falsa per assumere l’aspetto da duro della gang
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La cicatrice alla francese e la deriva degli smartphone

L’ultimo trend social è un tutorial che insegna come farsi una cicatrice falsa per assumere l’aspetto da duro della gang
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L’ultimo trend social è un tutorial che insegna come farsi una cicatrice falsa per assumere l’aspetto da duro della gang
Sempre più spesso ci si chiede come faremmo a sopravvivere noi tutti senza telefono e annessa videocamera. Sono tanti e sempre più diffusi gli inviti a disintossicarsi, aumentano le vacanze prenotabili a patto di accettare di non usare la nostra scatola nera o per imparare a non usarla, addirittura iniziano le proposte di sedute di disintossicazione come quelle rese famose dai film americani con le espiazioni collettive in cerchio. Quello scorso è stato un fine settimana di cui dovremmo vergognarci: TikTok è piombato nella discussione politica per il divieto, per motivi di sicurezza nazionale, dei device ai dipendenti pubblici; Milano ha visto intere vie del centro bloccate da invasati che riprendevano modelli e modelle che attraversavano strade avanti e indietro incuranti di traffico e code, ma anche telefonini puntati su hotel di queste pseudo star modaiole del selfie prese d’assalto; sino a ciò che ha indignato i più, con selfie chiesti e concessi in camera ardente. Solo qualche giorno fa abbiamo ereditato dai cugini transalpini la passione per la cosiddetta cicatrice francese, con tanto di tutorial che insegna come schiacciarsi gli zigomi per auto-procurarsi una cicatrice semi permanente in viso che rimanda ai duri delle gang. Il tutto mentre una cittadina festeggiava con fuochi d’artificio, ovviamente ripresi e diffusi in Rete, la fuga dal carcere del boss locale. Un misto di banlieue, Sudamerica e moda volgare in salsa globale, dato che le videocamere ci hanno reso palcoscenico unico in mondovisione continua, con abitudini quasi identiche ovunque. Lasciamo ai sociologi interrogarsi sul perché e quando tutto ciò sia successo. Di fatto dovremmo solo accettare che quella intrapresa è una via di non ritorno. Siamo ancora qui a leccarci le ferite di una politica che è parte integrante di questo grande reality, con partiti che hanno addirittura scritto il copione del reality stesso ormai anni fa, ‘selfandosimentre annunciavano la sconfitta della povertà. Rimane l’amarezza di non aver accolto la tecnologia come facilitatore delle nostre piccole azioni quotidiane ma come veicolo perfetto della pigrizia collettiva dei giorni nostri. Sono mancati voglia e coraggio. I boomer li avevano probabilmente esauriti entrambi e le nuove generazioni, anziché partire da questi valori, hanno pensato alla scorciatoia: neanche i cattivi siamo più in grado di fare e mostrare una cicatrice finta e fatta a tavolino ci consente di sentirci ribelli e di periferia. Guardando il tutorial della cicatrice (ammetto di averlo visto e rivisto, incredulo) e leggendo le circolari dei presidi di alcune scuole superiori che hanno sentito il dovere di segnalarlo a studenti e genitori, mi chiedevo quanto permanenti siano gli effetti di tale tortura, pensando sollevato che magari prima o poi qualcuno di questi ragazzi si candiderà in politica. Poi però ho ricordato di essere un boomer e forse le conseguenze di quella cicatrice esibita in campagna elettorale potrebbero essere esattamente opposte al mio sollievo. Di Peter Durante

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