L’immunologo Minelli, ‘chi beve vino non deve essere perseguitato dai savonarola’
Roma, 3 apr. (Adnkronos Salute) – “Partirei da un assunto che mi pare storicamente e anche scientificamente fondato: dovremmo smetterla di lanciare messaggi distorti e comunque in grado di creare confusione nella gente. Non può esistere che chiunque a tavola sorseggi un bicchiere di buon vino si senta perseguitato dalla sfigatissima profezia savonaroliana del tipo ‘ricorda che devi morire’. Saremmo fuori dalla storia, oltre che dai più basici principi della ragionevolezza”. Così all’Adnkronos Salute l’immunologo Mauro Minelli, docente di dietetica e nutrizione umana all’Università Lum di Bari, interviene sulla questione vino, alcol ed effetti sulla salute, nel giorno della visita del premier Giorgia Meloni alla 55esima edizione di Vinitaly.
“Diciamo senz’altro che il vino è risaputamente bevanda con effetti psicoattivi a causa dell’elevato contenuto in alcol etilico che, dopo l’acqua, è nel vino il componente in maggiore quantità. E, da questo punto di vista, il vino va considerato al pari di altre sostanze stupefacenti, anche perché, come queste, provoca dipendenza nota come alcolismo – sottolinea Minelli – Per il suo contenuto in alcol, il consumo elevato del vino, come di altre bevande alcoliche, provoca effetti tossici, in particolare a carico del fegato. L’alcol etilico – anche questo è risaputo – è inoltre cancerogeno per diversi organi ed è tossico per gli embrioni, motivo per il quale il suo consumo è sconsigliato alle donne in gravidanza”.
Ma c’è un rovescio benefico della medaglia, secondo Minelli, “visto che è stato dimostrato che il consumo controllato di vino (anche due bicchieri al giorno), e soprattutto di quello rosso, può avere effetti positivi sulla salute: riduce il colesterolo Ldl (quello ‘cattivo’), aumenta l’Hdl (quello ‘buono’) e inibisce l’aggregazione piastrinica (effetto attribuito all’alcol) con un’azione antitrombotica; inoltre è fonte di polifenoli, in particolare il resveratrolo, contenuto nella buccia delle uve rosse, che ha dimostrato di possedere il maggior potere antiossidante”.
“I polifenoli sono pigmenti naturali con proprietà antinfiammatorie, antiallergiche e antivirali contenuti sia nell’olio d’oliva che nel vino – osserva l’immunologo – Essi sono in grado di contrastare i processi ossidativi innescati dai radicali liberi che contribuiscono all’invecchiamento cellulare e alla patogenesi di malattie cardiovascolari e tumorali; in pratica rappresentano una rilevante difesa contro lo sviluppo di patologie come l’aterosclerosi, il cui avvio viene attivato proprio dall’ossidazione delle placche di colesterolo”.
“I vini, sia bianco che rosso, bloccano i radicali liberi, per quanto l’effetto sia dieci volte maggiore con quello rosso. Pertanto non si può che dire sì a un consumo moderato e accorto dei vini. E io sono certo che i messaggi che la comunità medica ha nel tempo lanciato sul consumo del vino, per quanto talvolta male interpretati, non possano che aver confermato il richiamo alla prudenza, ma non all’astinenza ascetica e morigerata”, conclude l’immunologo.
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche